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contratto-tempo-indeterminato-a-tutele-crescenti
Cos’è il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti

Sono molte le persone che ancora oggi – dopo ormai 5 anni dalla riforma del Jobs Act – hanno ancora dei dubbi sui risvolti di questo cambiamento.

Tra i casi più comuni vi è quello che riguarda il contratto “indeterminato a tutele crescenti”. Nessuna paura, basta conoscere le principali differenze rispetto a prima e le nuove garanzie che la legge riserva in caso di licenziamento.

Se anche tu devi valutare un contratto di questo tipo, vediamo in modo semplice e chiaro cos’è e in quali casi ti tutela.

 

Cosa vuol dire “a tutele crescenti”?

 

C’era una volta il contratto a tempo indeterminato. Semplice descriverlo: una volta messa la firma, potevi essere certo di avere un lavoro garantito e di poter crescere in serenità all’interno dell’azienda. Ma in caso di licenziamento cosa succedeva?

È proprio da questa domanda che ha avuto inizio la riflessione che ha portato al Jobs Act, pubblicato ed entrato in vigore il 7 marzo 2015. Nonostante le tante garanzie, anche con un contratto a tempo indeterminato potevi essere licenziato ed era più difficile fare ricorso per avere giustizia. Con l’introduzione del contratto indeterminato a tutele crescenti queste dinamiche legate al licenziamento sono state riviste, dando vita a una nuova formula che tutela e facilita la risoluzione di conflitti di questo genere.

Le garanzie di cui abbiamo parlato riguardano solo i casi di licenziamento illegittimo, da quello discriminatorio a quello economico o senza giusta causa. In questi casi al lavoratore è riconosciuta un’indennità economica che aumenta in base agli anni di servizio in azienda: da qui il nome di “tutele crescenti”.

 

Tu puoi firmare un contratto indeterminato a tutele crescenti?

 

Bene, ora è già più chiara la differenza rispetto al classico contratto indeterminato. Ma, passando alla pratica, vediamo ora in quali casi potresti ricevere una proposta di lavoro con contratto a tutele crescenti.

Prima di tutto (come tante leggi) anche questi articoli introdotti con il Jobs Act non hanno funzione retroattiva. Significa quindi che queste nuove regole riguardano solo chi è stato assunto a tempo indeterminato dopo la pubblicazione della riforma, quindi dopo marzo 2015.
Una sola eccezione è ammessa: il caso di contratti indeterminati stipulati precedentemente con aziende che, in seguito alla pubblicazione del Jobs Act, hanno superato i 15 dipendenti.

Se rientri in queste casistiche, ricorda che questa formula si può applicare solo ai contratti a tempo indeterminato e non per tutte le categorie di lavoratori. Il contratto indeterminato a tutele crescenti riguarda le qualifiche di operaio, impiegato o quadro. Tutte le altre funzioni sono escluse dalle tutele che andremo a vedere.

Facciamo un altro esempio, caro a molti lavoratori: prima del 7 marzo hai firmato un contratto determinato, quando si trasformerà in indeterminato puoi avvalerti delle nuove garanzie? Certo che sì! L’importante è che il nuovo contratto sia indeterminato, mentre non può valere per contratti determinati, contratti di apprendistato o altri tipi di contratti subordinati.

 

Cosa succede con un licenziamento discriminatorio?

 

Dicevamo che il contratto indeterminato con tutele crescenti protegge il lavoratore che viene licenziato in modo illegittimo. Uno di questi casi è il licenziamento discriminatorio, anche se le stesse misure si possono applicare in caso di nullità del licenziamento e di intimazione verbale, non scritta.

Cosa succede con il nuovo contratto indeterminato se vieni licenziato ingiustamente con queste motivazioni? Vieni tutelato completamente con la reintroduzione in azienda, il diritto al risarcimento dei danni e il versamento dei contributi che non ti sono stati riconosciuti durante il licenziamento. Nel caso decidessi di non rientrare al lavoro – potresti avere le tue buone ragioni –avrai invece un’ulteriore indennità da parte del datore.

In cosa consistono questi risarcimenti, a livello economico?

  • Il risarcimento del danno viene calcolato in base all’ultima retribuzione valida per il calcolo del TFR e viene versato al lavoratore per ogni mese dal licenziamento fino al reintegro in azienda. Il minimo per legge corrisponde a 5 mensilità.
  • Nel caso in cui tu non voglia tornare in azienda, riceverai un’indennità di 15 mensilità, sempre calcolate in base all’ultima mensilità di riferimento per il TFR.

 

Cosa succede con licenziamento senza giusta causa?

 

Tra i licenziamenti illegittimi troviamo anche quei casi in cui viene a mancare la giusta causa. Dopo aver accertato di trovarti proprio in questo caso, è previsto un importante risarcimento economico in base all’anzianità sul posto di lavoro.

Cosa cambia rispetto alle misure viste per i licenziamenti discriminatori? In caso di assenza di giusta causa, il tuo datore non sarà obbligato a ridarti il posto di lavoro, ma riceverai un indennizzo proporzionale al servizio che hai prestato.

Facciamo un esempio: hai lavorato in un’azienda per 5 anni e sei stato licenziato senza giusta causa. Quando ottieni la conferma di illegittimità da parte del giudice, ti viene quindi versato un risarcimento di 2 mensilità per ogni anno in cui hai lavorato (nel caso di questo esempio, 10 mensilità). Il minimo di indennità garantita dalla legge è di 4 mensilità totali, fino a un massimo di 24 mensilità. Anche in questo caso le mensilità sono calcolate in base all’ultimo importo valido per il TFR.

Quelli appena visti sono parametri generici, ma il Jobs Act prevede una distinzione importante in base alla dimensione aziendale.

Le aziende con più di 15 dipendenti devono riconoscere al dipendente licenziato un risarcimento di 2 mensilità per ogni anno lavorato, con un minimo di 6 fino a un massimo di 36 mensilità. Le aziende con meno di 15 dipendenti devono invece risarcire il lavoratore con 1 mensilità per anno di servizio, da un minimo di 3 fino a 6 mensilità.

 

Arrivare al giudice non è l’unica via

 

Poiché le spese giudiziarie possono essere anche molto salate, il Jobs Act ha previsto la possibilità di una conciliazione in sede protetta. Questo non solo evita di ricorrere a un giudice e far fronte a costi considerevoli, ma anche di trovare un accordo più pacifico tra le parti.

In caso di licenziamento illegittimo, infatti, il datore di lavoro può ritrattare la sua decisione entro 60 giorni dalla comunicazione al lavoratore. Se sei disposto ad accettare questo compromesso, vi basterà rivolgervi all’Ispettorato territoriale del lavoro, a una sede sindacale, a una commissione del CCNL o a una commissione di certificazione.

Al dipendente licenziato ingiustamente spetta, a seguito di questo accordo, un’indennità attraverso assegno circolare corrispondente a mezza mensilità per ogni anno di servizio, per un minimo di 1,5 mensilità e un massimo di 6 mensilità.

Cosa succede se accetti questa offerta di risarcimento anticipato? Il rapporto di lavoro è definitivamente sciolto, quindi non potrai più ricorrere contro l’azienda. Un modo vantaggioso per entrambe le parti, utile ad evitare costi giuridici e lunghe attese.

Ogni cambiamento nell’ambito della regolamentazione del lavoro ha bisogno di essere approfondito e siamo felici di esserti stati utili nel chiarimento di cosa sia un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Per approfondire altre tematiche contrattuali legate al mondo del lavoro ti segnaliamo anche i seguenti articoli:

  • I vantaggi di un contratto di lavoro in somministrazione
  • Contratto a chiamata (o intermittente): come funziona

 

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16 Ottobre 2020
esito-colloquio-di-lavoro-come-affrontare-attesa
Esito colloquio di lavoro: come affrontare l’attesa?

“Tolto il dente, tolto il dolore” si dice. Ma quando l’ansia ti lascia dopo aver affrontato un colloquio, subito ritorna nell’attesa di una risposta. Quanto devi aspettare per avere l’esito di un colloquio di lavoro? Cosa è giusto fare e cosa invece assolutamente no?

L’iter dei colloqui è lungo, sebbene si pensi sempre al momento dell’incontro come al momento cruciale della selezione. Nella nostra attività ci occupiamo proprio di organizzare e gestire i colloqui e sappiamo che, a volte, l’attesa può sembrare infinitamente lunga.

Per affrontare al meglio questo momento cruciale – senza farti prendere dal panico, con la voglia irrefrenabile di riempire di telefonate il selezionatore – abbiamo pensato di mettere nero su bianco le 4 cose che puoi fare aspettando l’esito del colloquio di lavoro.
 

1. Fai un bel respiro e valuta oggettivamente il tuo colloquio

 

Se devi attendere per forza, tanto vale farlo in modo intelligente, non credi? Lascia da parte l’ansia e cerca di fare una valutazione oggettiva dell’incontro che hai avuto.

Ci sono segnali molto semplici che puoi osservare per capire se avrai occasione di essere chiamato per un secondo colloquio e di essere assunto. Per prima cosa, se il tuo selezionatore si è dimostrato interessato e loquace, facendoti anche qualche domanda in più per approfondire la tua presentazione, è già un ottimo segnale!

Altri indicatori positivi sono la condivisione di progetti a cui l’azienda sta lavorando, la descrizione del luogo di lavoro e dei colleghi con cui il candidato dovrà collaborare, l’approfondimento di tue specifiche esperienze professionali. Più il selezionatore dimostra interesse per te durante il colloquio, più puoi ritenerti soddisfatto della tua presentazione.

Infine, se l’interlocutore si è informato anche sulla tua disponibilità a iniziare il lavoro in caso di esito positivo, puoi stare certo di aver fatto una buona impressione.

Non ti abbiamo ancora convinto? Ok, se hai bisogno di altre rassicurazioni, parti da un’analisi più approfondita del colloquio che hai sostenuto: mal che vada ti tornerà utile come promemoria per la prossima selezione!

Una buona pratica è quella di prendere appunti sul colloquio sostenuto, annotando le domande più rilevanti che ti hanno posto, le risposte che hai dato e anche le reazioni di tutti i partecipanti, sia te che il recruiter. Così, nero su bianco, avrai una chiara panoramica di quello che hai vissuto e ti sarà senz’altro più facile valutare cosa puoi aspettarti.

 

2. Valuta bene i tempi di attesa

 

Bene, ora ti senti già più calmo. Ma per quanto tempo ti dovrai ripetere di stare tranquillo e pazientare? Hai ragione, non puoi stare ad aspettare per sempre. Possiamo darti delle indicazioni per capire quando devi tenerti sotto controllo e quando invece comincia a farsi un po’ tardi.

Per cominciare, è giusto che tu sappia che non c’è un tempo definito di attesa per l’esito di un colloquio. Certo, è un’informazione che ti deve interessare e che non devi lasciarti fuggire. Per questo motivo è sempre buona cosa, al termine di un colloquio, chiedere apertamente quando potrai ottenere una risposta. Questo dimostra prima di tutto interesse per la posizione aperta e anche rispetto per i tempi di selezione che seguono la fase dell’incontro dei candidati.

Se però ti sei lasciato sfuggire l’occasione di porre questa importante domanda, possiamo darti qualche indicazione generale. Tutto dipende dall’azienda, dal tipo di profilo ricercato e dal numero di candidati. Se hai avuto a che fare con una piccola-media impresa, potrebbe essere sufficiente anche qualche giorno – al massimo una settimana – per avere un riscontro. Al contrario, se ti sei candidato per una grande azienda, potrebbero volerci più settimane per ottenere una risposta.

C’è poi un’altra variabile da considerare: se ti sei candidato per una posizione particolarmente specifica e tecnica, probabilmente ci sarà bisogno di più tempo per valutare il tuo profilo e quello degli altri candidati. In linea di massima, comunque, non conviene rimanere in attesa troppo a lungo, quindi tieni in considerazione un paio di settimane di tempo per attendere una risposta prima di fare un altro passo.

 

3. Sfatiamo un mito: farti sentire dopo il colloquio non è un tabù!

 

Hai sentito bene, ti abbiamo appena consigliato di contattare tu il tuo selezionatore, ancora prima che si faccia sentire lui. Nei tempi e nei modi corretti non è maleducazione, ma apprezzato interesse.

Di base, non fare mai questo passo prima di una settimana dal tuo colloquio. Se poi il tuo interlocutore ti ha indicato un tempo maggiore di attesa per avere una risposta, rispetta i tempi che ti ha comunicato.

Inoltre, è fondamentale curare il modo in cui ti approcci al contatto. Lo sappiamo, è un momento cruciale e delicato, ma vale la pena dimostrare interesse per mantenere alta l’attenzione sul tuo profilo. Il modo migliore per affrontare questa sfida è inviare un messaggio di ringraziamento al tuo selezionatore e ribadire la tua motivazione a ricoprire il ruolo per cui ti sei candidato. Niente convenevoli e toni esageratamente gentili, cogli quest’occasione per essere sincero e dimostrarlo in un nuovo contatto.

Ti eri dimenticato di chiedere nello specifico quando avresti avuto notizia dell’esito del tuo colloquio? Perfetto, questa può essere l’occasione giusta per avere una risposta e porre qualche altra domanda – non troppe! – sulla posizione aperta e sull’azienda.

 

4. Mai dire mai, punta sulle relazioni

 

A volte pensare al peggio aiuta a rafforzare le proprie opportunità. In questa fase di attesa puoi infatti fare qualcosa non solo per superare l’ansia del momento, ma per costruirti passo dopo passo una base solida per il tuo futuro professionale.

Che tu sia al tuo primo colloquio oppure tu abbia ormai un po’ di esperienza in questo genere di cose, il consiglio è di non sottovalutare mai il potenziale delle relazioni. Anche se per poco tempo, il colloquio ti ha permesso di entrare in contatto con una realtà e con un professionista. È un vero peccato lasciarsi sfuggire l’occasione di mantenere un rapporto e coltivare il contatto per future opportunità. Passo dopo passo, persona dopo persona, ti sarai creato una base importante di conoscenze, che anche se nell’immediato non ti ha portato ad ottenere un impiego, continuerà silenziosamente a lavorare per offrirti un’occasione in futuro.

Come puoi crearti, quindi, questa rete di collegamenti? Come prima cosa, fai tesoro dei biglietti da visita dei selezionatori e dei responsabili di azienda. Quando ottieni un risultato (un diploma, la laurea, la collaborazione per un progetto) condividilo con queste persone e aggiornale sui tuoi progressi: il modo senz’altro più veloce e immediato per fare tutto ciò è l’utilizzo di LinkedIn. Tenere aggiornato il tuo profilo ed entrare in collegamento con i recruiter e le figure che hai incontrato durante i colloqui ti permetteranno di avere un pubblico già selezionato di persone che potrebbero ricontattarti per offrirti un lavoro.

Nella nostra attività ci occupiamo ogni giorno di selezionare nuove figure professionali per le aziende nostre clienti. Vuoi scoprire se c’è una posizione interessante anche per te? Scopri qui gli annunci di lavoro già pubblicati oppure inviaci il tuo CV per essere sempre aggiornato sulle ultime opportunità.

9 Ottobre 2020
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Slash worker: alla scoperta di questi lavoratori freelance

Riuscire a dare una definizione della propria professione è ogni giorno più complicato, non credi? Se una volta i lavori erano canonici e ben delineati, oggi è la specializzazione a farla da padrona.

Nella nostra quotidianità professionale abbiamo cominciato a familiarizzare ormai da tempo con definizioni complesse che riguardano il mondo del lavoro. Un esempio può essere proprio il nome di “slash worker”, una categoria in continuo aumento e a cui il futuro riserva grandi opportunità.

Sei curioso di sapere chi siano gli slash worker e di cosa si occupano? Sei nel posto giusto: prosegui nella lettura e conosci un nuovo modello di lavoratore.
 

Slash worker: chi sono

 

Ti sarà già capitato molte volte di usare lo slash, la barra orientata a destra che ha la funzione di separare più termini tra loro correlati e alternativi. Ebbene, proprio questo segno è distintivo di una nuova tipologia di lavoratori che deve farne pieno uso per descrivere la propria professione.

Architetto, ma pure blogger per siti di settore e formatore specializzato. Oppure – perché no – copywriter, ma anche consulente di comunicazione e artigiano per passione. Per gli slash worker la professione non è un titolo ma un’opportunità: ovunque trovino ispirazione e spazio d’azione, lì possono sviluppare una nuova attività e proporsi sul mercato in modo unico e integrato.

Già presenti oltreoceano da diversi anni, gli slash worker sono oggi tantissimi in tutto il mondo. Anche il nostro Paese si popola sempre di più di lavoratori autonomi che scelgono deliberatamente di non legarsi a un unico datore di lavoro e di spaziare il più possibile tra diversi settori e competenze. Il risultato? Un super lavoratore, che fa della passione e della continua crescita le sue carte vincenti.

Questa speciale categoria riguarda principalmente persone propositive e tenaci, che hanno scelto di essere alternative per ottenere una soddisfazione lavorativa più grande. Gli slash worker, quindi, sono individui che vivono il proprio lavoro come una missione personale, non solo per raggiungere nuovi obiettivi professionali, ma soprattutto per avere pieno controllo della propria vita e delle proprie attività.

 

I vantaggi di essere slash worker

 

Se è vero che l’autonomia professionale comporta una dose importante di impegno e responsabilità, dall’altra scegliere una strada non convenzionale aiuta a costruirsi possibilità lavorative che vanno a favore di una lettura tutta personale della propria professione.

Per te è importante mantenere un certo equilibrio tra la tua vita privata e il lavoro? Essere slash worker ti potrebbe aiutare a calibrare correttamente il tuo work-life balance organizzando il tempo dedicato al lavoro secondo le tue necessità.

La cosa più importante è invece avere l’occasione di spaziare il più possibile e darti sempre una nuova opportunità? Lo slash worker investe prima di tutto sulla novità e sulla propria crescita, per questo colleziona esperienze e competenze che lo rendono un lavoratore unico nel suo genere.

Tra i lati positivi dell’essere slash worker si può nominare anche la sicurezza economica. Sì, sarai meravigliato da questa affermazione, ma è proprio così. Creare varietà significa ridurre il rischio e così, da situazioni iniziali spesso caratterizzate da precarietà, nascono bellissime storie di serenità economica. Lo slash worker nasce sempre da un lavoratore autonomo che sente il bisogno di sostenere la propria attività principale facendo affidamento su altre capacità. Così, accanto a un primo titolo professionale, appaiono anche altre definizioni e si scopre l’utilità di quel famoso slash che accomuna tutti questi lavoratori.

 

Come diventare slash worker

 

Non c’è scuola che insegni a diventare slash worker, tutto dipende dalla tua attitudine. Se credi che concentrarti su un’unica professione non ti possa dare la soddisfazione che cerchi, inizia dal fare tesoro di quante più esperienze e competenze possibili. Colleziona tutto con cura, alimenta sempre la tua curiosità e preparati a fare il grande salto.

Si tratta di pura strategia: chiarisci bene a te stesso dove vuoi arrivare, qual è la proposta con cui vuoi inserirti nel mercato e come ci puoi arrivare. Il percorso non è per niente facile né breve, ma ogni piccolo passo sarà una tessera fondamentale per raccontare chi sei e il valore che puoi portare a un’azienda, un’istituzione, un progetto.

Infine, quando avrai tutte le carte in regola per proporti come slash worker specializzato in diversi ambiti, sviluppa la migliore modalità per presentarti. Ti diamo un primo utilissimo consiglio: metti tutto l’impegno nella creazione di un tuo portfolio. Se un lavoratore tradizionale può raccontarsi compilando un Curriculum Vitae, tu avrai bisogno di ben altri strumenti per trasmettere il valore della tua professionalità. Metti in campo esempi reali di progetti, approcci utilizzati e risultati ottenuti: i dati sono ciò che ti distinguerà da subito.

 

E le aziende?

 

Se la nascita dello slash worker ha determinato importanti cambiamenti nella definizione del lavoratore, immagina l’impatto che ha avuto sulle imprese. Questa nuova figura è una grande opportunità per le aziende, che oltre ad avere a disposizione nuovi professionisti poliedrici possono attivare collaborazioni con specialisti sempre più preparati.

Ma accanto ai grandi vantaggi di questa rivoluzione esistono importanti sfide per le imprese. La prima riguarda l’integrazione di queste figure all’interno delle strutture aziendali. Basta rigidità e benvenuta elasticità: solo in questo modo le aziende si possono preparare ad accogliere lavoratori non vincolati a un unico datore di lavoro, ma che potrebbero però trovare interesse in collaborazioni prolungate a fronte di una mentalità rinnovata.

Non va sottovalutato, poi, un altro aspetto: la nascita di una nuova figura professionale così libera influenzerà inevitabilmente anche gli altri lavoratori. Con il passare degli anni questo trend, ora agli albori, potrà rappresentare una realtà sempre più consolidata. Quello che le imprese possono (e devono) fare è prendere coscienza del cambiamento e diventarne parte.

La realtà degli slash worker è una storia che sta prendendo forma, ma ancora tutta da scrivere. C’è una parola, però, che accomuna questa tipologia di lavoratore a quella che potrebbe essere la tua situazione di oggi: cambiamento.

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2 Ottobre 2020
staff-leasing-vantaggi-aziende-e-lavoratori
Staff leasing: i vantaggi per aziende e lavoratori

La dinamica di ricerca di un posto di lavoro per conto delle aziende è ormai conosciuta, ma non tutti sanno che le ApL sono anche datrici di lavoro.

Ogni giorno ci occupiamo di questo: ricercare manodopera qualificata e lavoratori specializzati per moltissimi settori. Chi entra in contatto con noi talvolta non sa che le Agenzie per il Lavoro possono anche assumere lavoratori per conto di altre aziende, ecco perché oggi ti parliamo proprio di questa possibilità.

Sei pronto a scoprire lo Staff leasing? Che tu sia un lavoratore o che tu abbia un’azienda, vediamo insieme quali sono le opportunità e i vantaggi.
 

Staff leasing: cos’è e chi coinvolge

 

A volte i termini in inglese possono ingannare, ma in questo caso il concetto è espresso in modo letterale. Lo Staff leasing è una sorta di “noleggio” del dipendente in cui entrano in gioco tre attori:

  1. l’Agenzia per il Lavoro, che prende in carico ogni responsabilità per il lavoratore e lo assume a tempo indeterminato o con contratto di apprendistato professionalizzante;
  2. l’azienda, che necessita di risorse umane e si affida all’Agenzia per avere personale qualificato in poco tempo e per periodi medio-lunghi;
  3. il lavoratore, che viene assunto direttamente dall’Agenzia per prestare servizio presso le sue aziende clienti.

Più nello specifico, quindi, lo Staff leasing è quel contratto a tempo indeterminato stipulato da un’Agenzia per il Lavoro in favore di un lavoratore e delle aziende che ne richiedono la manodopera. In vigore da giugno 2015 e modificato poi dal decreto attuativo del Jobs Act, la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (un altro termine per indicare lo Staff leasing) è una formula di contratto riconosciuta e tutelata, a favore di lavoratori e aziende.

 

Le caratteristiche dello Staff leasing

 

Questa formula di assunzione è sempre più comune, specialmente nelle grandi aziende. La continua crescita, la necessità di integrare specialisti e adeguarsi all’avanzamento tecnologico del settore rende lo Staff leasing un’efficace soluzione per le imprese.

Abbiamo già citato alcune motivazioni che possono spingere a scegliere lo Staff leasing rispetto all’assunzione diretta, ma le caratteristiche di questo speciale contratto rendono giustizia tanto alle aziende quanto ai lavoratori.

La tutela del lavoratore, anche in questo caso, è al primo posto. Il contratto è assimilato ai contratti dei dipendenti aziendali e fa riferimento al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (anche detto CCNL). La retribuzione viene versata nella forma di un’indennità mensile, assicurata anche in quei periodi in cui il lavoratore non dovesse lavorare a causa di un mancato ingaggio – in questi casi prende il nome di indennità mensile di disponibilità.

Un’altra caratteristica fondamentale riguarda la durata del contratto. Se pensi a un lavoro in somministrazione penserai a piccoli periodi di permanenza nelle aziende e a un continuo cambiamento. Invece ti sbagli: non ci sono limiti massimi di durata del contratto e oggi moltissime imprese se ne servono per integrare nel loro organico personale per tempi molto lunghi, soprattutto quando non hanno la possibilità di assumere nuovi dipendenti in modo diretto.

Lavorare in Staff leasing è quindi un’opportunità che da un lato garantisce qualità e sicurezza alle aziende, ma dall’altro tutela in modo completo il lavoratore.

 

I vantaggi dello staff leasing per il lavoratore

 

Anche se spesso i vantaggi dei contratti riguardano di più le aziende, ti sarà chiaro che nello Staff leasing anche il lavoratore guadagna una posizione favorevole. Non abbiamo però ancora parlato dei pro dell’essere assunti in somministrazione a tempo indeterminato e siamo sicuri che ne rimarrai piacevolmente colpito.

Il principale responsabile del lavoratore in Staff leasing è l’Agenzia per il Lavoro: per quale motivo un dipendente dovrebbe trarre vantaggio dall’essere assunto da questo particolare datore di lavoro?

Prima di tutto, un’Agenzia per il Lavoro è una garanzia per il lavoratore, perché essa conosce tutte le regole del mondo del lavoro, dai regolamenti amministrativi alle dinamiche di settore.

Inoltre, chi è assunto in Staff leasing ha la possibilità di crescere nel tempo, passo dopo passo, supportato dal sostegno di un’agenzia specializzata nello sviluppo di profili professionali. La specializzazione diventa quindi un’enorme occasione per chiunque venga assunto in somministrazione a tempo indeterminato.

Infine, è giusto citare anche i numerosi benefit economici riservati ai dipendenti in Staff leasing: sostegno al reddito, indennizzo aggiuntivo in caso di infortunio o per la mobilità territoriale, accesso facilitato al credito. Tanti piccoli aiuti che per un lavoratore sono un interessante supporto e una garanzia di serenità.

 

I vantaggi per l’azienda

 

Qualsiasi sia la condizione iniziale che spinge le imprese ad avvicinarsi a questa soluzione – necessità di aumentare la flessibilità organizzativa, impossibilità di assumere nuovi dipendenti – sicuramente l’aspetto di formazione gioca anche in questo caso un ruolo fondamentale.

Prova a pensarci: cosa significa per un’azienda cercare un nuovo collaboratore, organizzare tutto il processo di selezione, integrarlo nella propria azienda e formarlo perché possa diventare un vantaggio per la propria attività? Tanto tempo e, soprattutto, molto denaro. Già il fatto di eliminare il fattore tempo gioca a favore di una soluzione di Staff leasing. La collaborazione delle Agenzie per il Lavoro viene infatti scelta nella maggioranza dei casi per l’apporto organizzativo e formativo fornito all’azienda, integrando del personale qualificato e costantemente aggiornato.

Un collaboratore assunto in Staff leasing, quindi, è una garanzia di professionalità per le imprese e anche di velocità di inserimento. Attraverso questa modalità non ci sono lunghe procedure e burocrazia da assolvere: pensa a tutto l’Agenzia per il Lavoro, a vantaggio dell’azienda e dello stesso lavoratore.

Se ancora non dovessi essere convinto dei vantaggi per le aziende, ecco qui altre 3 motivazioni che vale la pena tenere in considerazione:

  • il lavoro in Staff leasing non rientra nel conteggio per l’inserimento delle categorie protette;
  • i dipendenti assunti con questa tipologia di contratto non sono ufficialmente conteggiati all’interno dell’organico aziendale (pur avendo le stesse tutele dei lavoratori dell’impressa) con possibili risvolti positivi per l’azienda;
  • l’impresa in cui il lavoratore presta servizio può ottenere le deduzioni IRAP.

 

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25 Settembre 2020
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