Sono molte le persone che ancora oggi – dopo ormai 5 anni dalla riforma del Jobs Act – hanno ancora dei dubbi sui risvolti di questo cambiamento.
Tra i casi più comuni vi è quello che riguarda il contratto “indeterminato a tutele crescenti”. Nessuna paura, basta conoscere le principali differenze rispetto a prima e le nuove garanzie che la legge riserva in caso di licenziamento.
Se anche tu devi valutare un contratto di questo tipo, vediamo in modo semplice e chiaro cos’è e in quali casi ti tutela.
Cosa vuol dire “a tutele crescenti”?
C’era una volta il contratto a tempo indeterminato. Semplice descriverlo: una volta messa la firma, potevi essere certo di avere un lavoro garantito e di poter crescere in serenità all’interno dell’azienda. Ma in caso di licenziamento cosa succedeva?
È proprio da questa domanda che ha avuto inizio la riflessione che ha portato al Jobs Act, pubblicato ed entrato in vigore il 7 marzo 2015. Nonostante le tante garanzie, anche con un contratto a tempo indeterminato potevi essere licenziato ed era più difficile fare ricorso per avere giustizia. Con l’introduzione del contratto indeterminato a tutele crescenti queste dinamiche legate al licenziamento sono state riviste, dando vita a una nuova formula che tutela e facilita la risoluzione di conflitti di questo genere.
Le garanzie di cui abbiamo parlato riguardano solo i casi di licenziamento illegittimo, da quello discriminatorio a quello economico o senza giusta causa. In questi casi al lavoratore è riconosciuta un’indennità economica che aumenta in base agli anni di servizio in azienda: da qui il nome di “tutele crescenti”.
Tu puoi firmare un contratto indeterminato a tutele crescenti?
Bene, ora è già più chiara la differenza rispetto al classico contratto indeterminato. Ma, passando alla pratica, vediamo ora in quali casi potresti ricevere una proposta di lavoro con contratto a tutele crescenti.
Prima di tutto (come tante leggi) anche questi articoli introdotti con il Jobs Act non hanno funzione retroattiva. Significa quindi che queste nuove regole riguardano solo chi è stato assunto a tempo indeterminato dopo la pubblicazione della riforma, quindi dopo marzo 2015.
Una sola eccezione è ammessa: il caso di contratti indeterminati stipulati precedentemente con aziende che, in seguito alla pubblicazione del Jobs Act, hanno superato i 15 dipendenti.
Se rientri in queste casistiche, ricorda che questa formula si può applicare solo ai contratti a tempo indeterminato e non per tutte le categorie di lavoratori. Il contratto indeterminato a tutele crescenti riguarda le qualifiche di operaio, impiegato o quadro. Tutte le altre funzioni sono escluse dalle tutele che andremo a vedere.
Facciamo un altro esempio, caro a molti lavoratori: prima del 7 marzo hai firmato un contratto determinato, quando si trasformerà in indeterminato puoi avvalerti delle nuove garanzie? Certo che sì! L’importante è che il nuovo contratto sia indeterminato, mentre non può valere per contratti determinati, contratti di apprendistato o altri tipi di contratti subordinati.
Cosa succede con un licenziamento discriminatorio?
Dicevamo che il contratto indeterminato con tutele crescenti protegge il lavoratore che viene licenziato in modo illegittimo. Uno di questi casi è il licenziamento discriminatorio, anche se le stesse misure si possono applicare in caso di nullità del licenziamento e di intimazione verbale, non scritta.
Cosa succede con il nuovo contratto indeterminato se vieni licenziato ingiustamente con queste motivazioni? Vieni tutelato completamente con la reintroduzione in azienda, il diritto al risarcimento dei danni e il versamento dei contributi che non ti sono stati riconosciuti durante il licenziamento. Nel caso decidessi di non rientrare al lavoro – potresti avere le tue buone ragioni –avrai invece un’ulteriore indennità da parte del datore.
In cosa consistono questi risarcimenti, a livello economico?
- Il risarcimento del danno viene calcolato in base all’ultima retribuzione valida per il calcolo del TFR e viene versato al lavoratore per ogni mese dal licenziamento fino al reintegro in azienda. Il minimo per legge corrisponde a 5 mensilità.
- Nel caso in cui tu non voglia tornare in azienda, riceverai un’indennità di 15 mensilità, sempre calcolate in base all’ultima mensilità di riferimento per il TFR.
Cosa succede con licenziamento senza giusta causa?
Tra i licenziamenti illegittimi troviamo anche quei casi in cui viene a mancare la giusta causa. Dopo aver accertato di trovarti proprio in questo caso, è previsto un importante risarcimento economico in base all’anzianità sul posto di lavoro.
Cosa cambia rispetto alle misure viste per i licenziamenti discriminatori? In caso di assenza di giusta causa, il tuo datore non sarà obbligato a ridarti il posto di lavoro, ma riceverai un indennizzo proporzionale al servizio che hai prestato.
Facciamo un esempio: hai lavorato in un’azienda per 5 anni e sei stato licenziato senza giusta causa. Quando ottieni la conferma di illegittimità da parte del giudice, ti viene quindi versato un risarcimento di 2 mensilità per ogni anno in cui hai lavorato (nel caso di questo esempio, 10 mensilità). Il minimo di indennità garantita dalla legge è di 4 mensilità totali, fino a un massimo di 24 mensilità. Anche in questo caso le mensilità sono calcolate in base all’ultimo importo valido per il TFR.
Quelli appena visti sono parametri generici, ma il Jobs Act prevede una distinzione importante in base alla dimensione aziendale.
Le aziende con più di 15 dipendenti devono riconoscere al dipendente licenziato un risarcimento di 2 mensilità per ogni anno lavorato, con un minimo di 6 fino a un massimo di 36 mensilità. Le aziende con meno di 15 dipendenti devono invece risarcire il lavoratore con 1 mensilità per anno di servizio, da un minimo di 3 fino a 6 mensilità.
Arrivare al giudice non è l’unica via
Poiché le spese giudiziarie possono essere anche molto salate, il Jobs Act ha previsto la possibilità di una conciliazione in sede protetta. Questo non solo evita di ricorrere a un giudice e far fronte a costi considerevoli, ma anche di trovare un accordo più pacifico tra le parti.
In caso di licenziamento illegittimo, infatti, il datore di lavoro può ritrattare la sua decisione entro 60 giorni dalla comunicazione al lavoratore. Se sei disposto ad accettare questo compromesso, vi basterà rivolgervi all’Ispettorato territoriale del lavoro, a una sede sindacale, a una commissione del CCNL o a una commissione di certificazione.
Al dipendente licenziato ingiustamente spetta, a seguito di questo accordo, un’indennità attraverso assegno circolare corrispondente a mezza mensilità per ogni anno di servizio, per un minimo di 1,5 mensilità e un massimo di 6 mensilità.
Cosa succede se accetti questa offerta di risarcimento anticipato? Il rapporto di lavoro è definitivamente sciolto, quindi non potrai più ricorrere contro l’azienda. Un modo vantaggioso per entrambe le parti, utile ad evitare costi giuridici e lunghe attese.
Ogni cambiamento nell’ambito della regolamentazione del lavoro ha bisogno di essere approfondito e siamo felici di esserti stati utili nel chiarimento di cosa sia un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Per approfondire altre tematiche contrattuali legate al mondo del lavoro ti segnaliamo anche i seguenti articoli:
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