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tredicesima-mensilita-quando-arriva-come-si-calcola
Tredicesima mensilità: quando arriva e come si calcola

Essere dipendente ha diversi vantaggi: maggiore tutela e sicurezza occupazionale, uno stipendio fisso con scatti di anzianità, ma anche incentivi e premi periodici, come lo è la tredicesima.

Se anche tu vorresti approfondire il tuo contratto e le modalità di ricezione della tredicesima mensilità, sei arrivato nel posto giusto!

In questo articolo vedremo cos’è la tredicesima, quando arriva e a quanto ammonta.

 

Cos’è la tredicesima mensilità

 

Un anno è composto da 12 mesi. È così per tutti, ma se sei un dipendente puoi fare affidamento anche su un tredicesimo mese che, appunto, ti dà diritto a ricevere un ulteriore stipendio a fine anno.

Ma non è sempre stato così. Solo nel 1937 la tredicesima è stata regolamentata dal Contratto Collettivo Nazionale e si è trasformata da generoso regalo da parte del datore di lavoro alla vigilia delle festività natalizie a mensilità vera e propria libera dalla discrezionalità aziendale.

La tredicesima mensilità spetta sostanzialmente a tutti i lavori con contratto dipendente, sia a tempo determinato che indeterminato, sia pubblici che privati, sia in attività che pensionati. Questo vantaggio non è riconosciuto invece a coloro che hanno una propria attività indipendente (lavoratori autonomi e partite iva), a chi lavora a progetto e ai parasubordinati, oltre a chi percepisce la disoccupazione (Naspi) e ai tirocinanti.

Ti chiederai se puoi percepire la tredicesima mensilità anche in caso di temporanea inattività lavorativa. Ebbene sì, ci sono dei casi in cui questo beneficio non decade e viene comunque versato al lavoratore.

Parliamo in sostanza di tutte quelle circostanze in cui il lavoratore, pur non lavorando, percepisce ugualmente il proprio stipendio o parte di esso. Un esempio è la maternità, un periodo riconosciuto alle neo-madri in cui la retribuzione continua anche durante i mesi di permesso, e che permette quindi di maturare una base retributiva su cui calcolare la tredicesima mensilità. Allo stesso modo si possono considerare i casi di infortunio o malattia, congedo matrimoniale, ma anche le ferie e le festività.

Al contrario, non rientrano nel conteggio ai fini della tredicesima gli straordinari, l’aspettativa, il congedo parentale ed eventuali scioperi. Insomma, tutti casi per i quali il posto di lavoro viene assicurato al dipendente, ma senza percepire un riconoscimento economico.

 

Quando arriva la tredicesima

 

Molto bene, ora che hai appurato che questa ulteriore mensilità spetta anche a te, vorrai sapere quando la riceverai.

Se da una parte la legge ha regolamentato nel tempo il versamento di questo tredicesimo stipendio, dall’altra ha lasciato qualche libertà nella sua erogazione.

Prima di tutto è necessario fare una distinzione tra dipendenti privati e statali. Nel primo caso fa fede la tradizione, quindi la tredicesima viene versata prima di Natale e non per forza in corrispondenza dello stipendio di dicembre. Diverso è invece per i dipendenti statali, che per legge la ricevono insieme all’ultimo stipendio dell’anno, che cade tra il 14 e il 16 gennaio in base all’inquadramento del contratto.

Ora hai tutte le informazioni che ti servono per capire quando aspettarti l’accreditamento della tredicesima, ma ti diremo di più: potresti anche richiedere che ti venga versata a scaglioni durante l’anno invece che in una sola formula a dicembre. Se ritieni che questo possa essere più funzionale nella tua gestione finanziaria, non ti resta altro che proporlo al tuo datore di lavoro e prendere accordi diretti.

 

Come si calcola la tredicesima mensilità sullo stipendio

 

Ora è chiaro: se sei un dipendente e ti stai avvicinando alle festività natalizie, ti vedrai accreditata una mensilità aggiuntiva. Ma scommettiamo che c’è anche un’altra informazione che vorresti avere, ovvero quanto ti arriverà sul conto, esattamente?

Partiamo allora dalla teoria. La tredicesima corrisponde a 1/12 sulla retribuzione lorda annuale tenendo in considerazione:

  • i mesi di lavoro effettivamente svolti;
  • che un mese viene calcolato solo se hai lavorato per più della metà del tempo, quindi per almeno 15 giorni al mese;
  • se non raggiungi il numero minimo di giorni lavorativi mensili, non verrà conteggiato l’intero mese ai fini del calcolo della tredicesima.

Per passare alla pratica, abbiamo invece una formula che viene in nostro aiuto e che dice: lo stipendio lordo mensile deve essere moltiplicato per il numero di mesi lavorati e poi diviso per le 12 mensilità annue.

Stipendio lordo mensile x N. dei mesi lavorati / 12

Se segui questa formula non puoi sbagliare, ma devi prestare molta attenzione al calcolo dello stipendio lordo mensile, che è il punto che inganna di più chi si avventura in questo conteggio.

Se hai già fatto una prova, avrai notato che effettivamente l’importo che ti risulta dalla formula è inferiore rispetto a quanto percepisci mensilmente. Come mai? Ti sveliamo subito il mistero: dal calcolo medio dello stipendio lordo mensile vanno tolti i contributi previdenziali e fiscali, quindi la base di partenza è più bassa di quella che trovi solitamente nel tuo stipendio.

In ogni caso si tratta di un ottimo aiuto, che ti permette di avere a disposizione una mensilità in più (o quasi) alla chiusura di ogni anno. E non per bontà, ma perché è previsto per legge e tutti i datori di lavoro devono attenersi a queste disposizioni.

 

Sei alla ricerca di una nuova opportunità lavorativa? Ogni giorno selezioniamo moltissimi profili professionali per le nostre aziende clienti, in diversi settori. Guarda subito gli annunci di lavoro presenti sul nostro sito oppure carica qui il tuo CV per essere sempre aggiornato sulle nuove posizioni aperte di tuo interesse.

 

2 Dicembre 2022
lavorare-come-autista-ncc-requisiti-e-abilita
Lavorare come autista NCC: requisiti e abilità

Fare della tua passione un lavoro è la scelta migliore che possiamo augurarti. E se oggi ti trovi qui a leggere questo nostro vademecum su come diventare autista NCC, probabilmente hai una predilezione per la guida e le auto.

Tra pratiche da sbrigare, corsi da frequentare e mezzi da approfondire o addirittura da acquistare, iniziare questa attività non è una passeggiata, ma siamo qui apposta per fornirti tutte le informazioni di base per iniziare con il piede giusto.

Se vuoi lavorare come autista NCC e non sai come fare per iniziare, eccoci pronti per scoprirlo assieme!

 

Cosa vuol dire essere autista NCC

 

Tutti hanno visto almeno una volta la sigla NCC, ma non tutti ne conoscono esattamente il significato (o solo sommariamente). Questo acronimo sta per “Noleggio Con Conducente” e indica quel servizio di trasporto non di linea che può essere utilizzato per spostarsi anche al di fuori della propria città.

L’autista NCC, quindi, è un professionista che si occupa di accompagnare in auto il cliente dove gli viene richiesto, a volte anche molto lontano rispetto alla città di partenza. La sua clientela si divide tra aziende o liberi professionisti che ingaggiano un NCC per rappresentanza, oppure comitive di amici che devono spostarsi per un evento o un viaggio e desiderano non dover pensare alla guida, ma anche turisti, che sempre più spesso scelgono questa soluzione per potersi spostare liberamente da una parte all’altra delle nostre città d’arte senza dover rispettare i tempi dei mezzi pubblici o dover attendere di trovare un taxi libero.

Insomma, l’autista NCC o si può pensare come una figura a metà tra il tassista e l’autista privato, condividendo la modalità “a chiamata” con il primo e l’esclusività con il secondo.

A regolare la sua attività c’è una legge specifica, la numero 21 del 1992, che nello specifico interessa anche i tassisti ma che li differenzia sostanzialmente da questi ultimi. Ecco le principali caratteristiche che distinguono il lavoro di un autista NCC:

  • possedere un’auto di fascia medio-alta, senza particolari restrizioni sul colore anche se, per una questione di eleganza e di rappresentanza, si prediligono macchine nere o blu;
  • poter svolgere l’attività in qualsiasi territorio, sia in Italia che all’estero, con l’unico vincolo di partire sempre dalla sede ufficiale in cui viene registrata l’attività;
  • non avere limiti di orario, tanto che questo lavoro può essere svolto a qualsiasi ora del giorno tutti i giorni dell’anno, a discrezione dell’autista stesso.

 

I requisiti per diventare autista NCC

 

Delle caratteristiche di questa particolare figura professionale abbiamo già parlato, ma cosa devi avere per poter cercare lavoro come autista NCC?

Come prima cosa, devi possedere la patente di guida di tipo B da un minimo di 3 anni. Questo comporta che per esercitare l’attività tu debba aver compiuto almeno 21 anni.

Un altro requisito fondamentale riguarda la tua formazione scolastica: indipendentemente dal tipo di studi che tu abbia fatto, l’importante è che tu abbia portato a termine il ciclo di studi dell’obbligo, fino ai 16 anni. Inoltre, è molto importante, e determinante ai fini dell’ottenimento del permesso a svolgere l’attività, che tu non abbia mai avuto pendenze penali a tuo carico.

Ora che abbiamo fatto un veloce excursus su tutte le caratteristiche personali richieste per accedere alla professione, passiamo in rassegna le certificazioni e le iscrizioni necessarie per il suo svolgimento.

Hai mai sentito parlare di Certificato KB? Non si tratta di altro che del Certificato di Abilitazione Professionale che, dopo aver testato la tua abilità e idoneità, ti riconosce la possibilità di guidare taxi, auto e natanti a noleggio. L’esame per ottenere questa “patente” si svolge presso le motorizzazioni provinciali e, una volta ottenuta, deve essere rinnovata ogni 5 anni, proprio come una comunissima patente di guida. Ultimo passaggio per ottenere il permesso riguarda la Scuola Taxi/NCC, un ente che prevede anch’esso un esame scritto e orale incentrato sulla conoscenza della città in cui sei iscritto, delle sue strade e dei percorsi ottimali per spostarsi internamente.

Infine, un requisito che ti serve soddisfare per praticare questa professione riguarda l’iscrizione a Ruolo dei conducenti di servizi pubblici non di linea, più comunemente chiamato “Bollettone”, da effettuare presso la tua Camera di Commercio.

Benissimo, hai tutto in regola per iniziare! Eppure c’è ancora una cosa che devi sapere per valutare di cominciare questa professione: le autorizzazioni rilasciate dal Comune attraverso apposito bando sono molto limitate, proporzionate al numero dei suoi cittadini.

 

Le skill più richieste agli autisti NCC

 

Per quanto sia un lavoro estremamente pratico, anche per questa professione la selezione (soprattutto da parte di aziende che offrono questo servizio e cercano nuovo personale) si fonda su un CV ben strutturato e una serie di soft skill che dovresti tener bene a mente e allenare prima di inviare le tue candidature o presentarti a un colloquio.

Ti vogliamo aiutare: ecco qui la nostra selezione delle skill più importanti per essere assunto come autista NCC.

1. Predisposizione per i rapporti sociali. L’autista NCC è ogni giorno a stretto contatto con i propri clienti, anche per periodi molto lunghi durante la giornata. Per questo motivo deve avere la capacità di sviluppare buoni rapporti, fornendo un servizio impeccabile dal punto di vista formale e offrendo allo stesso tempo un adeguato (mai invasivo) intrattenimento durante il viaggio.

2. Senso del dovere e puntualità. Non può essere altrimenti: il rispetto del codice della strada e la massima puntualità sono due caratteristiche imprescindibili per svolgere questo lavoro e che vengono valutate accuratamente in caso di assunzione.

3. Conoscenza dei motori e delle diverse modalità di guida. Quando l’attività viene svolta per conto di una società di Noleggio Con Conducente, può capitarti di dover cambiare spesso auto e doverti adattare anche a motori ben diversi l’uno dall’altro. Conoscere le diverse modalità di guida in relazione al tipo di macchina assegnata è una skill fondamentale, sempre valutata per le assunzioni.

4. Conoscenza delle lingue straniere. Sia che tu lavori con delle aziende, sia che tu operi più frequentemente con il settore turistico, conoscere l’inglese e qualche altra lingua straniera ti aprirà sicuramente diverse porte. Questo tipo di target, infatti, sempre più spesso è alla ricerca di autisti in grado di relazionarsi con un pubblico straniero, dandogli indicazioni e fornendogli un servizio completo e di alto livello.

Ora che ne sai finalmente di più, puoi completare la tua formazione per operare in questo settore e iniziare attivamente a cercare lavoro.

Se ti senti già pronto per partire e possiedi tutti i requisiti richiesti, potremmo essere il tuo primo accesso a questa professione: ogni giorno selezioniamo autisti di diverse tipologie, in vari settori. Guarda subito tra gli annunci di lavoro se c’è l’opportunità che stai cercando, oppure carica qui il tuo CV per essere sempre aggiornato sulle nuove posizioni aperte.

 

25 Novembre 2022
welfare-aziendale-cose-e-perche-importante
Welfare aziendale: cos’è e perché è importante

Hai mai sentito dire che più i lavoratori stanno bene, più anche l’azienda ne trae beneficio? Non si tratta solo di teoria, ma di una verità che oggi assume un nome ben definito in sempre più realtà: welfare aziendale.

Nel nostro lavoro a stretto contatto con professionisti e imprese, conosciamo bene i pro e i contro di questa forma di tutela del benessere del lavoratore e di contributo aziendale alla sua vita, anche e soprattutto all’esterno delle mura istituzionali. Non sempre, però, si sa di cosa si tratta realmente quando si parla di welfare aziendale: cos’è e, soprattutto, perché è così importante?

Oggi vogliamo aiutarti a scoprire qualcosa in più riguardo il welfare aziendale, per comprenderne l’importanza, riconoscerne il valore e, soprattutto, sfruttarlo consapevolmente per trarne il massimo vantaggio.

 

Cos’è il Welfare aziendale

 

Partiamo da una definizione: il welfare aziendale è la somma di tutte le iniziative e benefit messi a disposizione dei lavoratori da parte del datore di lavoro, al fine di migliorarne la qualità lavorativa e contribuire anche al benessere nella vita privata.

Insomma, un bell’aiuto per lavoratori che hanno famiglia, ma anche per chi vuole godersi il tempo libero dal lavoro o chi ha bisogno di assistenza medica per piccoli e grandi problemi di salute.

Scommettiamo che hai già sentito parlare di questi benefit? Palestra e biblioteca aziendale, sala giochi condivisa, banca del tempo, buoni pasto, contributi per le spese di spostamento casa-lavoro, incentivi per la mobilità sostenibile, car-sharing e chi più ne ha più ne metta.

Se una volta tutto questo era appannaggio dei film americani o di grandi colossi internazionali come Google, oggi il welfare aziendale e l’attenzione al lavoratore sono parte dell’operato di molte aziende italiane, anche di medio-piccole dimensioni, che investono nell’attenzione al dipendente per ottenere un clima aziendale collaborativo e un organico efficiente.

 

I vantaggi da sfruttare del Welfare aziendale

 

Ma perché le aziende ci tengono tanto al lavoratore e come può il welfare dare una svolta positiva alle tante spese che riguardano la tua vita privata? Dietro a questa politica esistono davvero tantissimi vantaggi che riguardano te, ma anche il datore di lavoro.

Tra i benefit che ti riguardano potresti riscontrare:

  • un migliore work-life balance. L’equilibrio tra vita lavorativa e privata è un tasto spesso dolente, che grazie al welfare aziendale viene incentivato. Le attività extra-lavorative assumono maggiore importanza, ti viene riconosciuto un budget dedicato proprio a queste e puoi finalmente dedicarti a un’attività che tanto desideravi senza il peso del suo costo. Insomma, lavorando bene per l’azienda valorizzi anche il tuo tempo libero e quello della tua famiglia;
  • maggiore potere d’acquisto. A te basterebbe avere uno stipendio più alto, potresti pensare, allora perché non ti danno semplicemente un aumento? Il reale vantaggio del welfare aziendale è che ciò che ti viene riconosciuto dal tuo datore in questi termini non è tassato e arriva a te, quindi, al netto delle imposte, senza rientrare nel tuo reddito;
  • una risposta concreta alle tue esigenze. Di solito il welfare aziendale prevede moltissime modalità per sfruttare il budget messo a disposizione: dalla palestra a negozi di tutti i tipi, dal contributo per la retta dell’asilo all’aiuto economico per l’acquisto di libri scolastici. Che tu sia single o abbia famiglia, il welfare risponde a buona parte delle tue esigenze quotidiane e ti dà la possibilità di non toccare i tuoi risparmi.

Dall’altra parte, l’abbiamo detto, i vantaggi non riguardano solo il lavoratore. Ecco, quindi, che anche per il datore di lavoro il welfare aziendale si rivela una carta vincente da giocare per ottenere:

  • un benessere lavorativo avanzato. Tutte le aziende, dalle più piccole ai colossi internazionali, esistono perché ci sono i lavoratori. Investire perché ognuno di loro possa essere soddisfatto della propria condizione lavorativa e portare il suo massimo contributo è un guadagno garantito;
  • una maggiore produttività. Se lavori volentieri, in un contesto che senti ti appartenga e per il quale sei disposto ad impegnarti ancora di più di quanto preveda il tuo contratto, il datore di lavoro ha fatto bingo. È proprio questo che succede quando il welfare aziendale funziona a dovere, incentivando il coinvolgimento in prima persona del dipendente;
  • un freno ad alti turnover. Un altro sintomo di benessere in azienda è la cosiddetta “employee retention”, ovvero la capacità dell’impresa stessa di far rimanere a lungo nel proprio organico i dipendenti. Questo si traduce in stabilità produttiva, know-how interno elevato e anche minori costi di formazione per i nuovi arrivati. A completare questo quadro, anche l’employer branding: se il dipendente si trova bene a lavorare in azienda, sarà più propenso a parlarne positivamente e a richiamare l’attenzione anche di altri potenziali nuovi collaboratori.

 

Come funziona il Welfare aziendale

 

Quello del welfare aziendale è un concetto molto ampio, che può comprendere davvero moltissime iniziative, come hai ormai capito. Metterlo in pratica, e scegliere come farlo, dipende unicamente dal tuo datore di lavoro.

Anche in questo caso ci sono dei passaggi fondamentali che ogni impresa dovrebbe seguire per impostare il proprio welfare aziendale e renderlo efficace.

Si parte solitamente da un’analisi dei costi e degli investimenti che è disposta a sostenere, per poi passare a decidere la modalità vera e propria dell’erogazione dei benefit. La scelta si gioca tra il rimborso spese e l’offerta di attività predefinite tra cui il dipendente può scegliere.

In questo secondo caso che abbiamo citato, è fondamentale che la scelta del partner corretto per lo sviluppo del welfare aziendale sia preceduta da indagini approfondite sui bisogni reali dei dipendenti. Offrire servizi che non interessano a nessuno segnerebbe una sconfitta in partenza, ecco perché periodicamente vengono somministrati questionari in forma anonima o interviste singole per sondare le richieste dei lavoratori e i bisogni che desidererebbero soddisfare. Più l’offerta si avvicina alle reali esigenze dei dipendenti, più sarà efficace e apprezzato.

Una volta valutato l’investimento, le modalità e la lista di benefit da accordare, il welfare aziendale prende vita grazie alla collaborazione con piattaforme specializzate attraverso le quali i dipendenti possono poi usufruire dei vantaggi di queste iniziative.

 

Capire come funziona il welfare aziendale ti farà senz’altro apprezzare di più la sua presenza all’interno dell’offerta di lavoro. E fai bene: è un servizio a cui è giusto dare valore e che devi tenere in considerazione nella valutazione di un contratto.

Se sei alla ricerca di nuove opportunità lavorative, ora hai uno strumento in più. Guarda subito tra gli annunci di lavoro già pubblicati sul nostro sito se c’è quello che fa per te, oppure carica qui il tuo CV per non perderti le nuove offerte di tuo interesse.

 

18 Novembre 2022
come-affrontare-colloquio-di-lavoro-licenziamento
Come affrontare un colloquio di lavoro dopo un licenziamento

Nella vita lavorativa c’è un momento che non vorresti mai vivere. Eppure il licenziamento, volontario o meno, esiste e va affrontato, anche in relazione al tuo futuro lavorativo.

Nel nostro lavoro abbiamo contatto ogni giorno con centinaia di lavoratori e professionisti, alcuni di essi arrivati inevitabilmente anche da esperienze pregresse delicate nel proprio passato professionale. Deve essere un blocco? Assolutamente no. Ad ogni arresto si può ripartire, serve però sapere come.

Per aiutare chi come te è alla ricerca di informazioni su come affrontare un colloquio dopo un licenziamento, eccoci pronti a prendere in esame diversi passaggi e casi, per rendere più chiare le strade che si possono aprire davanti a te.

 

Il licenziamento è una fase, superarla è l’obiettivo

 

L’interruzione di un rapporto lavorativo può avvenire in molti modi e per i più disparati motivi: a conclusione di un contratto determinato, per necessità personali o aziendali, per giustificati motivi o incompatibilità con il contesto. Qualsiasi sia la motivazione, ora il tuo compito è riuscire a concentrarti sul futuro.

Come dicevamo, il licenziamento va interpretato come una fase nella tua storia professionale, un punto di arrivo per un’esperienza che si è conclusa ma che lascia spazio a nuove opportunità. Soprattutto ricorda che il licenziamento non comporta la fine della tua carriera professionale, anzi è un punto che è stato messo e dal quale puoi ripartire per scrivere il tuo futuro.

Quindi prenditi del tempo per elaborare l’accaduto, riappropriati della tua consapevolezza professionale e approfondisci come poter dare una svolta a ciò che sai fare meglio e che desideri per la tua vita.

 

Spiegare il licenziamento a un colloquio di lavoro

 

Veniamo al dunque: è successo, ti sei ripreso e ti trovi ad affrontare un colloquio con la paura di sentire la fatidica domanda “Per quale motivo è stato licenziato?”.

Come prima cosa, ricorda che il reclutatore non conosce la motivazione della fine di un rapporto lavorativo, quindi – se ti verrà posta la domanda – ciò avverrà senza alcun preconcetto. Questo chiaramente non ti giustifica dal nasconderti dietro a una bugia – non è mai una buona scelta – ma di sicuro può darti un po’ più di sicurezza nel capire come gestire la comunicazione di questa informazione.

La prima regola da rispettare è, dunque, attenerti alla verità dei fatti: questo ti tutelerà nell’essere credibile e stimolare l’empatia del tuo interlocutore.

Il secondo consiglio che ci sentiamo di darti è di non sprecarti in una lunga arringa a tua difesa, non è necessario. Se ti viene posta la domanda, dai una risposta chiara e concisa ricordando che l’interesse della persona che ti sta ascoltando non è giudicarti per ciò che è stato, ma valutarti come futuro collaboratore. Per uscirne al meglio, ricorda di trasformare questa domanda nell’occasione per mostrarti positivo e dimostrare che sai rialzarti dopo una caduta e anche dopo qualche (umano) errore.

Infine, non tirarti indietro a una richiesta di approfondimento. Non c’è persona più colpevole di quella che si rifiuta di parlare, quindi cogli l’occasione per avere il coltello dalla parte del manico e gestisci la situazione nel modo più positivo possibile, come abbiamo visto.

 

E se sei stato tu a licenziarti?

 

Solitamente si pensa sempre ad avvenimenti tragici di fronte a un licenziamento, a un rifiuto da parte di un datore di lavoro. Invece potresti essere stato proprio tu a decidere che basta, era ora di cambiare.

Se è questo che è accaduto, di certo ora ti stai chiedendo come dovresti spiegare la tua decisione e come potrebbe prenderla il tuo interlocutore. Per aiutarti a districare questo fitto nodo di dubbi, abbiamo riunito in una breve lista le nostre regole d’oro.

  • Non sentirti come di fronte all’inquisizione. Credere che il recruiter sia lì per giudicarti è l’errore più grande che tu possa fare. Il suo interesse è capire se sei la persona giusta per il posto di lavoro offerto, quindi il tuo compito è fare in modo di gestire questa situazione con la maggior calma possibile, unendo sincerità e propositività.
  • Parla delle tue scelte, non degli altri. L’avrai sentito dire molte volte che non si parla male di responsabili e colleghi ad un colloquio di lavoro e questo caso non fa eccezione. Anche se quella che hai lasciato era una brutta situazione che non ti permetteva di vivere bene la tua professionalità, trasferisci al tuo interlocutore l’insegnamento che ne hai tratto e le tue aspettative per il futuro.
  • Poni l’accento su cosa vuoi per il tuo futuro. Se il licenziamento è stata la conclusione di un periodo professionale negativo, non esiste miglior motivo per spingere su quello che cerchi ora nel tuo nuovo impiego. Dopo aver spiegato brevemente l’accaduto, richiama l’attenzione su di te e l’azienda per cui ti stai candidando, magari richiamando un insegnamento che puoi portare anche in questa nuova realtà.

 

Come affrontare un colloquio di lavoro dopo il licenziamento

 

Vogliamo lasciarti con alcuni spunti su come gestire un tema così scottante in un colloquio di lavoro. Rifletti bene su come farli tuoi e, vedrai, il successo sarà assicurato.

1. Gioca d’anticipo. Se hai paura che la domanda ti arrivi a bruciapelo da un momento all’altro, cogli l’occasione della carrellata sulle tue esperienze lavorative passate per essere sincero su questo punto spinoso. In questo modo avrai più controllo sulla narrazione dell’avvenuto e sulla durata dell’approfondimento.

2. Fai attenzione ai dati sensibili. Parlare di quello o quell’altro collega, o di quel responsabile che ha tentato in tutti i modi di metterti i bastoni tra le ruote, non è né produttivo per te, né corretto nei confronti di chi stai citando. Questo un recruiter lo sa bene, perciò evita di dare riferimenti troppo espliciti e attieniti a ciò che questo accadimento ti ha insegnato.

3. Sottolinea ciò che di buono porti con te. Non c’è candidato più interessante di quello che può portare in azienda nuove conoscenze e competenze. Dopo aver spiegato il motivo del licenziamento, esponi gli insegnamenti che questa esperienza ti ha dato e metti in evidenza ciò che vuoi trasferire anche nel tuo nuovo impegno professionale. A volte basta davvero poco per fare centro!

 

Siamo certi che ora potrai affrontare il prossimo colloquio di lavoro con più serenità, senza la paura che arrivi quella tremenda domanda.

Se stai cercando un nuovo impiego e ti senti pronto per metterti in gioco, perché non partire da noi? Ogni mese selezioniamo diversi profili per le nostre aziende clienti, operanti in vari settori. Guarda subito tra gli annunci di lavoro già presenti se c’è l’opportunità che stai cercando, oppure carica qui il tuo CV per essere sempre aggiornato sulle nuove posizioni aperte in linea con le tue competenze e interessi.

 

11 Novembre 2022
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