
Gran parte dei contratti di lavoro prevede un periodo di prova che è utile sia all’azienda sia al neoassunto: entrambi, infatti, hanno del tempo a disposizione per valutare se il rapporto di lavoro è ciò che stanno cercando.
Durante questo periodo, infatti, il datore di lavoro può realizzare che il dipendente non corrisponde alla figura di cui ha bisogno e, allo stesso tempo, il dipendente può rendersi conto che le sue aspettative non corrispondono alla realtà.
Ma vediamo nel dettaglio che cos’è il periodo di prova, come funziona e quali sono i diritti e doveri per le figure che firmano il cosiddetto patto di prova.
Il periodo di prova è un periodo di tempo previsto in tutti i contratti di lavoro che consente alle parti di valutare la convenienza del rapporto. L’art. 2096 del Codice Civile definisce l’assunzione in prova del prestatore di lavoro, la cui durata dipende dai contratti collettivi nazionali e varia in base alla qualifica e alle mansioni da svolgere.
Per essere valido e legittimo, il patto di prova deve avere alcune caratteristiche:
Il periodo di prova, come stabilito dall’articolo 7 comma 1 del D.Lgs. 104/2022, non può mai superare i sei mesi. Non esiste, invece, una durata minima, che invece può variare in base al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), alle mansioni da svolgere e al ruolo che il lavoratore dovrà ricoprire.
La durata massima di 6 mesi non vale per tutti. In alcuni casi, infatti, come per il personale di livello dirigenziale, questo termine è stabilito a 3 mesi.
Un’eccezione vale per il lavoro domestico, verso il quale lo Stato riconosce il diritto ad un periodo di prova retribuito, ma di durata più breve e diversa a seconda della categoria di lavoratore:
Il periodo di prova può essere prorogato solo se tale rinvio è previsto dalla contrattazione collettiva. In caso contrario, poiché svantaggioso per il dipendente, non è realizzabile.
Durante il periodo di prova, il dipendente ha diritto alle stesse tutele e condizioni, diritti e doveri, che gli sarebbero riconosciuti con un contratto di lavoro definitivo.
Innanzitutto, così come l’orario di lavoro, anche lo stipendio deve essere identico a quello dei lavoratori non in prova. Non è possibile, per il datore di lavoro, riconoscergli forme di remunerazione diverse, come ad esempio il solo rimborso spese.
Diritto del dipendente è ricevere eventuali benefit previsti, come i buoni pasto o l’auto aziendale e ottenere la maturazione di trattamenti come ferie, TFR (Trattamento di Fine Rapporto), mensilità aggiuntive e anzianità di servizio.
Durante il periodo di prova tutto contribuisce a formare la posizione lavorativa del dipendente, come se fosse già impiegato a tempo pieno.
Dal canto suo, anche il lavoratore deve rispettare i doveri assegnatigli, come tutti gli altri lavoratori.
Nel caso del lavoro attraverso agenzie di somministrazione, in cui il dipendente non è assunto direttamente dalla società presso la quale opera, ma tramite un’agenzia terza, le caratteristiche del patto di prova dipendono principalmente dalla tipologia di contratto, ovvero se è a tempo determinato o indeterminato.
Per i contratti a tempo determinato, la durata del periodo di prova deve essere superiore a un giorno lavorativo e non può essere inferiore a un quindicesimo del tempo totale di assunzione previsto. I termini massimi previsti sono:
Il datore di lavoro può optare per più periodi di prova, pur trattandosi della stessa compagnia, a condizione che il ruolo assunto sia differente e che non sia stato già esercitato all’interno dello stesso anno solare.
Come abbiamo visto, per i contratti a tempo indeterminato, la durata del periodo di prova dipende dalla tipologia di professionalità impiegata:
Se un contratto a tempo determinato viene successivamente trasformato in un contratto a tempo indeterminato, la legge non consente di concordare un nuovo periodo di prova.
Durante o al termine del periodo di prova, sia il datore di lavoro che il dipendente possono recedere dal contratto senza:
Tuttavia, se è stata stabilita una durata minima del periodo di prova, il recesso può avvenire solo dopo la sua scadenza.
Il recesso dal periodo di prova non richiede la forma scritta.
Ma quali sono le situazioni in cui il datore di lavoro può recedere dal patto di prova in modo illegittimo?
Spetta al dipendente dimostrare l’esistenza di almeno una di queste situazioni di annullamento del recesso e concludere il periodo di prova o, in alternativa, ottenere il risarcimento del danno subito.
Per superare con successo il periodo di prova, ecco alcuni consigli utili:
Terminato il periodo di prova, entrambe le parti hanno il diritto di recedere dal contratto o di mantenerlo in essere.
Se il periodo di prova si conclude positivamente, non c’è bisogno di alcuna comunicazione scritta, poiché la clausola di prova decade automaticamente al termine del periodo stabilito.
Se il periodo di prova si conclude negativamente, si parla di recesso, che può avvenire tramite dimissioni durante il periodo di prova o licenziamento per mancato superamento del periodo di prova. In entrambi i casi, non è necessaria la forma scritta. Nel caso in cui sia il datore di lavoro a scegliere di non proseguire, si parla di “licenziamento ad nutum“, che può essere effettuato con un semplice cenno; se, invece, ad agire è il dipendente, le dimissioni possono essere presentate mediante una lettera consegnata per iscritto al datore di lavoro.
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