
Mobbing. Non è solo un nuovo termine anglofono da aggiungere al dizionario, ma un “reato” che si compie sul luogo di lavoro. Se un tempo continue pressioni e trattamenti irrispettosi erano semplice “severità”, oggi il lavoratore è maggiormente aiutato a superare periodi di grave difficoltà sul luogo di lavoro.
Nella nostra professione sappiamo bene quanto sia importante il rispetto reciproco e un sereno ambiente lavorativo. Un’utopia? No di certo, perché è un diritto da rivendicare, soprattutto in situazioni molto difficili che influiscono negativamente sul tuo stato d’animo.
Andiamo più in profondità su questo tema chiarendo insieme cos’è quindi il mobbing, come riconoscerlo e chiedere aiuto in caso di difficoltà.
Questo termine inglese, adottato da noi italiani nella sua forma originale, deriva dal verbo to mob e significa assalire. Effettivamente il mobbing è una forma di aggressione, psicologica o fisica, messa in atto dal datore di lavoro e dai colleghi ai danni del lavoratore.
La strategia è vicina a quella osservata dall’etologo Lorenz negli anni Settanta: alcune specie animali circondano un loro simile per indurlo ad abbandonare il branco. Proprio da questo comportamento deriva la similitudine con il mobbing come lo intendiamo in ambito lavorativo. L’obiettivo è spingere il dipendente ad abbandonare il posto di lavoro di propria volontà, per evitare costi del licenziamento e altre incombenze correlate.
Per definire il mobbing, però, non ci si può fermare solo all’azione di persone terze. Ciò che rende questo comportamento veramente pericoloso è l’effetto che può avere sulla salute di chi lo subisce. I sintomi sono moltissimi, dall’ansia a forme acute di depressione, stress somatizzato a livello cutaneo e digestivo, perdita di autostima, tremore, tachicardia, insonnia e anche isolamento sociale. Questo è un indice rappresentativo di quanto sia pericoloso praticare e subire mobbing.
Perché sia riconosciuto tale va sottolineato che l’ingiustizia deve essere prolungata. Anche se non esiste una regola scritta, servono almeno 6 mesi per poter valutare un comportamento ostile come mobbing. Questo genere di angherie, inoltre, dev’ssere parte di un piano di allontanamento esplicito, indirizzato in modo univoco verso una persona. In questi casi si può parlare senza ombra di dubbio di mobbing.
Sfortunatamente questa ingiustizia può essere messa in atto in diversi modi. Il lato positivo è che, grazie al loro riconoscimento, è più facile classificare una situazione come “mobbing”.
In generale possiamo individuare 4 diverse tipologie:
Attualmente la legge italiana non prevede regole e sanzioni direttamente riferite ai casi di mobbing. Nonostante questo, ci sono molte fonti valide a livello giuridico e civile che tutelano il lavoratore.
Il primo appiglio arriva dall’Europa, con la risoluzione 2001/2339 riguardo il mobbing sul posto di lavoro. Anche se non è stata tradotta in una legge esplicita in Italia, richiama a un dovere comunitario e quindi giuridicamente valido.
Tornando entro i confini del nostro Paese, torna forte il sostegno della Costituzione, in almeno 3 punti. Con l’articolo 32 è ribadito il principio costituzionale del diritto alla salute, l’articolo 35 invece esplicita il dovere di tutelare il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, mentre l’articolo 40 vincola le attività commerciali pubbliche e private a non ledere la sicurezza, la libertà e – soprattutto – la dignità umana.
Anche il Codice Civile viene in aiuto di chi subisce mobbing con due articoli in particolare. L’articolo 2043 rende obbligatorio il risarcimento per qualsiasi danno ingiusto operato in modo volontario. Ancora più vicino al mondo del lavoro è invece l’articolo 2087, che impone a ogni datore di lavoro di proteggere “l’integrità fisica e morale” dei suoi dipendenti.
Infine, non possiamo non ci tare lo Statuto dei lavoratori (L. 300/700), che garantisce a ogni professionista la salute fisica e psichica (articolo 9), mansioni di livello mai inferiore a quello dell’inquadramento concordato (articolo 13), protezione contro discriminazioni per motivi politici o religiosi (articolo 15) e la riassegnazione del proprio posto di lavoro in caso di licenziamento non motivato.
È chiaro: gestire una situazione di forte stress e continuo attacco sul posto di lavoro non è per niente facile. Quello che come professionisti consigliamo di fare è non mollare mai la presa se sei nel giusto.
Come prima cosa, quindi, accertati di rientrare nella casistica di mobbing.
Le ingiustizie subite al lavoro ti hanno causato danni alla salute direttamente riconducibili ad esse? Se è così, distingui se chi ti sta creando difficoltà lo fa in modo doloso, quindi con piena consapevolezza delle proprie volontà e azioni, o in modo colposo, cioè con coscienza della propria condotta ma senza volontà di recare danno.
Se ritieni di essere vittima di mobbing puoi valutare di rivolgerti a un avvocato per sporgere denuncia di fronte al giudice civile. Questo ti permetterà di dare le dimissioni in tronco per giusta causa (se lo vuoi) e soprattutto di ottenere giustizia per i danni fisici e psicologici che hai subito.
Anche da situazioni molto difficili come quelle di mobbing si può uscire a testa alta!
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