
Quante volte ti hanno detto che ci sono delle domande ricorrenti nei colloqui di lavoro? Oggi ti vogliamo parlare di una cosa che non tutti sanno: come ci sono delle domande lecite, ne esistono anche alcune che un selezionatore non può fare.
Anche durante i colloqui di lavoro c’è bisogno di tutela. Il colloquio è un momento delicato, non sai mai bene come muoverti e quando arriva quella domanda scomoda, beh, ti sembra scontato dover rispondere. Invece no, le richieste devono sempre essere fatte per fini conoscitivi, non per discriminare o violare la privacy del candidato.
Sei curioso di scoprire quali sono le domande che un selezionatore non dovrebbe mai farti? Prepara carta e penna, siamo pronti a iniziare questo viaggio che – te lo assicuriamo – saprà esserti utile durante il prossimo colloquio.
Una richiesta che può lasciarti spiazzato. O peggio, che può inorridire se ti colpisce nel vivo perché sì, hai avuto bisogno di cure o stai seguendo un percorso terapeutico. Non devi sentirti a disagio, non c’è nulla di male in te, è semplicemente una domanda vietata.
Ma a cosa serve loro sapere tutto questo? Proprio così, non sei tenuto a rispondere, lo dice la legge. È il Decreto Legislativo 276 del 2003 a proteggerti contro le discriminazioni legate allo stato di salute fisica e psicologica.
Tutti hanno diritto ad un lavoro e in questo sei tutelato. È giusto però precisare che – per ovvi motivi funzionali – alcuni lavori possono richiedere determinate caratteristiche fisiche e per questo potrebbe esserti chiesto di sottoporti ad un controllo. Le visite mediche però possono essere programmate solo dopo l’assunzione, quindi non discriminanti per l’assunzione vera e propria.
L’unico caso in cui le visite prima della firma del contratto sono legittime è legato alla tutela della salute del candidato. Si parla di mansioni molto gravose, con riflessi comprovati sulla salute fisica o psichica del lavoratore, quindi non adatte a individui che presentano difficoltà in queste due dimensioni.
Un altro caso ancora riguarda le categorie protette. Se fai parte di questo gruppo di lavoratori, devi dichiarare la tua disabilità già a partire dal curriculum. Chi è iscritto al lavoro protetto, infatti, è tutelato nella sua condizione e agevolato nella ricerca di un posto di lavoro adatto alle sue necessità.
Al momento del colloquio, comunque, il datore di lavoro è già in possesso delle informazioni richieste per l’assunzione in lavoro protetto. Quindi anche in questo caso non devi sentirti obbligato a rispondere a ulteriori domande sulla tua salute.
Il più grande dei classici. E non solo per le donne: oggi questa domanda prende di mira anche i candidati di sesso maschile.
Perché questo quesito è così gettonato durante i colloqui di lavoro? Iniziamo col dire che, per prima cosa, è una domanda illecita. Il motivo che spinge alcune aziende e recruiter a porla ai propri candidati non è mai di tipo conoscitivo ma, purtroppo, discriminatorio.
La tua vita personale e sentimentale condiziona il tempo che passi al lavoro, è vero. Per questo anche il datore potrebbe essere interessato a sapere quali sono le tue priorità, il tuo stato sentimentale presente e le tue prospettive future. Nonostante ciò, devi sapere che la tua vita privata deve rimanere tale perché sei libero di costruire relazioni stabili di ogni genere e, se lo vuoi, anche di creare una famiglia. L’interlocutore del colloquio non è tenuto a conoscere nessuno di questi particolari.
Come abbiamo detto, questi quesiti riguardano anche i candidati uomini, ma è purtroppo un dato di fatto che la discriminazione in questo ambito colpisce sempre di più il sesso femminile. È per questo motivo che nel 2006 è stato approvato il Codice delle pari opportunità fra uomo e donna, in cui viene vietata qualsiasi discriminazione fondata “sul sesso, sull’orientamento sessuale, sullo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza” dell’intervistato.
Il quadro è chiaro, ma ci sono ancora due cose che devi sapere:
Prendiamo l’esempio di una domanda molto diretta, priva di ogni fraintendimento. Di questo genere di richieste fanno parte però tutti i temi legati al credo – non solo la religione ma anche l’orientamento politico e sessuale – e la nazionalità.
Questa volta viene in tuo soccorso lo Statuto dei lavoratori, che all’articolo 8 riporta il divieto per il datore di lavoro di conoscere questo genere di informazioni che nulla hanno a che vedere con l’impiego assegnato. Anche sul luogo di lavoro ogni persona deve essere rispettata in ogni sua scelta, sia essa religiosa o politica.
Alcune volte queste scelte ideologiche hanno dei riflessi sul lavoro, non si può negarlo. Prova a pensare alle festività religiose o alla partecipazione ai sindacati. Eppure sono libertà che ogni azienda deve rispettare e agevolare, cercando di operare sempre nel bene di ogni lavoratore, che è prima di tutto una persona.
Non si parla però solo di religione o politica, spesso la discriminazione avviene anche sotto il profilo etnico. Alla domanda “Di che nazionalità sei?” non rispondere, non è un’informazione che può aiutare il tuo interlocutore a capire meglio se sei la persona più giusta per la posizione aperta. A questo proposito è stata direttamente l’Unione Europea ad agire: a seguito della sua Direttiva 2000/43, in Italia è stato pubblicato il Decreto Legislativo 215/03 che tutela la parità di trattamento tra persone, indipendentemente dalla razza o origine etnica.
Ora sei davvero pronto ad affrontare un colloquio di lavoro e riconoscere quelle domande che nessuno dovrebbe porti.
Se sei alla ricerca di un nuovo impiego, confrontati anche con noi! Ogni mese selezioniamo diversi profili per nostre aziende clienti in moltissimi settori. Guarda subito gli annunci di lavoro già pubblicati, oppure carica qui il tuo Curriculum per non perderti le nuove opportunità di tuo interesse.
JOB Just On Business è un’agenzia del lavoro con quasi vent’anni di esperienza nel settore e una rete di unità operative attiva su tutto il territorio nazionale.
Via Massena 8
20145 Milano
jobspa@jobspa.it
+39 02317426