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infortunio-sul-lavoro-cose-e-cosa-fare
Infortunio sul lavoro: cos’è e cosa fare

Gli incidenti possono capitare, ma quando succedono sul posto di lavoro esistono delle tutele specifiche a tuo favore. Le conosci? Sai come muoverti per richiedere l’indennizzo che ti spetta?

Conosciamo bene le perplessità riguardo l’infortunio sul lavoro, sia da parte dei dipendenti sia dei datori di lavoro. Quotidianamente abbiamo a che fare con entrambi, in diversi settori, e le domande sono sempre le stesse: quando scatta l’infortunio? Chi deve fare cosa? Quanto tempo ho per presentare la documentazione?

Bando ai dubbi e iniziamo a vederci più chiaro! Ecco tutto quello che devi sapere a proposito di infortunio sul lavoro.

 

Cos’è l’infortunio sul lavoro?

 

In Italia l’infortunio sul lavoro è tutelato dall’INAIL, ovvero l’Istituto Nazionale di Assicurazione Infortuni sul Lavoro, un ente che dal 1883 riconosce protezione e indennizzi ai lavoratori che subiscono infortuni durante l’attività lavorativa.

Ma cosa rientra sotto il titolo di “infortunio”? In generale si intendono tutti quegli eventi che creano un danno alla salute dei lavoratori durante la loro attività professionale. Attenzione, però, questo insieme è più ampio di quel che si può pensare. Sono inclusi, infatti, anche:

  • gli infortuni nel tragitto da e verso il luogo di lavoro;
  • gli infortuni che avvengono per colpa del lavoratore, anche in caso di negligenza;
  • gli infortuni anche per lavoratori senza contratto (i cosiddetti lavoratori “in nero”).

Il risarcimento riconosciuto dall’INAIL consiste in un’indennità economica che sostituisce il tuo stipendio nel periodo in cui non potrai lavorare. La retribuzione ti verrà comunque anticipata dal tuo datore di lavoro, che verrà poi rimborsato dall’INAIL.

Se ci sono conseguenze permanenti invalidanti per una percentuale tra il 6% e il 15%, ti verrà riconosciuto anche un indennizzo aggiuntivo, che diventa mensile quando la percentuale si alza oltre il 16%.

E tutti i danni ritenuti invalidanti entro il 5%? In questi casi è tuo diritto richiedere un risarcimento direttamente al datore di lavoro. Si chiama “responsabilità datoriale” e può essere impugnata in caso di omissioni sulla sicurezza sul posto di lavoro.

 

Cosa fare in caso di infortunio sul lavoro

 

Cerchiamo di fare chiarezza sui diversi passaggi necessari per ottenere l’indennizzo per infortunio sul lavoro. Questi interessano non solo te in qualità di infortunato, ma anche direttamente il datore di lavoro, l’ospedale cui ti sei rivolto in seguito all’infortunio e l’INAIL.

Ecco le azioni richieste dai diversi soggetti, in ordine di svolgimento:

1. lavoratore: deve avvisare il datore di lavoro e recarsi al pronto soccorso per documentare il danno subito attraverso un certificato di infortunio, che dovrà far avere prontamente al datore di lavoro (più tempo passa, più giorni di indennizzo perderà il lavoratore).

2. struttura sanitaria: si occupa di trasferire telematicamente all’INAIL il certificato di infortunio;

3. datore di lavoro: ha il dovere di denunciare con modulo online l’infortunio all’INAIL, entro due giorni da quando riceve il certificato di infortunio. Non può rifiutarsi, pena una multa amministrativa che va dai 1200€ a più di 7000€.

Questi passaggi ti permetteranno di ottenere il tuo indennizzo, ma l’INAIL continuerà a monitorare il tuo stato di salute fino a guarigione. In base alla prognosi indicata sul certificato, infatti, dovrai presentarti periodicamente per delle visite presso la sede INAIL del tuo territorio di residenza, fino a chiusura della pratica di indennizzo.

 

A quanto ammonta l’indennizzo da incidente sul lavoro?

 

Come abbiamo detto, l’indennizzo sostituisce il tuo stipendio nel periodo in cui dovrai assentarti in seguito all’incidente sul luogo di lavoro o durante il tragitto da e verso esso. Questa somma viene calcolata in base alla retribuzione giornaliera media per la tua posizione, nel tuo settore di attività.

La somma che riceverai viene calcolata secondo percentuali, a seconda della durata del periodo di infortunio. Questa è la ripartizione dell’indennizzo:

  • dal primo al terzo giorno sarai retribuito al 100% direttamente dal datore di lavoro;
  • dal quarto giorno sarai indennizzato al 60% dall’INAIL;
  • dal novantesimo giorno di astensione dal lavoro sarai pagato al 75% dall’INAIL, fino a guarigione.

 

Con queste informazioni siamo certi riuscirai a gestire la richiesta di indennizzo in caso di infortunio sul luogo di lavoro.

Siamo felici di esserti stati di aiuto e ti ricordiamo che, se sei alla ricerca di nuove opportunità lavorative, potresti già essere nel posto giusto! Guarda subito tra gli annunci di lavoro già presenti se c’è quello che fa per te, oppure invia qui il tuo Curriculum Vitae per non perderti le nuove offerte di tuo interesse.

 

24 Marzo 2023
piano-di-carriera-perche-importante
Piano di carriera: perché è importante definirlo

Anche la vita in azienda, i suoi cambiamenti, il ricircolo di collaboratori e le strategie legate alle risorse umane si possono governare. E come? Parlare di piano di carriera ti aiuterà a capirlo meglio.

Nel nostro lavoro ci occupiamo ogni giorno di relazioni con le aziende e con i lavoratori, e sappiamo bene quali sono le esigenze di entrambe le parti. Quello che è fondamentale ricordare è che non c’è impresa senza le persone, e questo deve essere ripetuto come un mantra anche all’interno delle mura aziendali.

Che tu sia un imprenditore alla ricerca di soluzioni o un professionista che si è imbattuto in questo enigmatico termine, vogliamo aiutarti a capire meglio cos’è un piano di carriera, quali vantaggi può portare e soprattutto come si attua in modo efficace.

 

Cos’è un piano di carriera?

 

Business plan, strategie di crescita delle vendite e chi più ne ha più ne metta. Non si smette mai di parlare di pianificazioni, ma a volte ci si dimentica un punto fondamentale: il personale. Prendersene cura è essenziale per ogni business, grande o piccolo che sia, e in questo gravoso compito esiste uno strumento capace di mettere ordine e individuare iniziative efficaci per trarne il maggior vantaggio possibile, per entrambi.

Il piano di carriera – detto anche percorso di carriera o career pathing – è una strategia che permette di definire tabelle di marcia professionali per i collaboratori e che viaggia sullo stesso binario dello sviluppo del business aziendale. Parola d’ordine, quindi, fare carriera, progredire nel tempo e far sì che questo avvenga in accordo con i progetti di crescita aziendali.

Se vogliamo dirla in altri termini, si tratta di una vera e propria mappatura dello sviluppo professionale all’interno dell’azienda, che prende in considerazione sia il breve periodo che anche prospettive a lungo termine.

 

Perché è importante il piano di carriera in azienda?

 

Siamo sinceri: non sono ancora molte le imprese che adottano questo strumento strategico interno e quelle che lo hanno fatto in Italia sono per lo più multinazionali o grandi business. Già questa però potrebbe essere una motivazione più che valida per cogliere l’occasione e renderlo un vantaggio competitivo, non credi?

In realtà esistono moltissime altre ragioni per cui un piano di carriera dovrebbe essere attuato, a tutti i livelli e settori. Prima tra tutte il fatto che senza un motore ben rodato e funzionante nessuna macchina può vincere una corsa, nemmeno se è una Ferrari! E il motore di un’azienda, lo sappiamo bene, sono le persone che la compongono. Ecco perché non esiste crescita senza una forza lavoro coesa e motivata, che ha bisogno di essere sostenuta per portare sempre maggiori risultati.

Questa appena citata è sicuramente la motivazione principale che porta a sviluppare un piano di carriera interno a un’azienda, ma attorno ad essa gravitano tantissimi altri motivi che vogliamo evidenziare insieme:

 – ridurre il turn-over del personale. Quante aziende soffrono di un continuo ricambio di collaboratori, che sembra non finire mai? Purtroppo sono davvero molte, con conseguenti disagi e costi aggiuntivi, che non fanno che frenare la crescita. La condivisione e l’attuazione di un piano di carriera permette di mettere la parola fine a questo fenomeno, perché fornisce le motivazioni necessarie ai dipendenti per rimanere in azienda, creare un proprio futuro al suo interno e, in sostanza, alimentare una fidelizzazione che è fondamentale per non tornare periodicamente al punto di partenza;

 – tagliare i costi di selezione. Lo abbiamo detto: il turn-over crea spese impreviste e una mole di lavoro interno che inizia con la ricerca del personale e continua poi con la sua formazione e l’inserimento in azienda. È inutile nasconderlo: sostituire un collaboratore richiede sforzi e risorse importanti, che possono essere evitati grazie a un buon piano di carriera condiviso con i dipendenti. Minori costi, più tempo e più forze per investire nella crescita, anche del personale stesso;

 – aumentare la produttività. Un buon piano di carriera permette ai collaboratori anche di avere la certezza di un reale interesse dell’azienda nei loro confronti, perché pronta a investire sulla loro crescita e su un futuro insieme. Questo impegno da parte del datore di lavoro si riflette anche sul lavoratore: chi riceve credito lo restituisce con gli interessi, incentivato da obiettivi che non sono più solo aziendali ma che diventano soprattutto personali;

 – trattenere skill e conoscenze. Il patrimonio più importante per un professionista e per l’azienda in cui lavora è la sua esperienza, costruita con il tempo, con le continue sfide sul posto di lavoro e con il prezioso confronto con i colleghi. Far scappare questo vero e proprio tesoro all’esterno, peggio ancora con la possibilità che finisca nelle mani della concorrenza, è un rischio che nessuna azienda dovrebbe correre! Con un piano di carriera è più facile convincere le persone a restare, a investire continuamente in un progetto comune che li vede davvero protagonisti e non semplici comparse;

 – attirare nuovi talenti. Questa è l’altra faccia della medaglia: un’azienda in cui si lavora bene e in cui i collaboratori vogliono restare è una realtà appetibile per nuovi professionisti, soprattutto se a completare l’offerta c’è una promessa di crescita che – come abbiamo già detto – non è per niente scontata. Ecco come, con un solo strumento, è possibile incentivare e migliorare anche l’employer branding.

 

Come si crea un piano di carriera?

 

Arriviamo in zona calda con questa questione. Ad essere sinceri, una risposta univoca non c’è, non esiste infatti un modello da seguire che permetta di avere prontamente la soluzione tra le mani. Ed è giusto che sia così: un efficace piano di carriera deve tenere conto della realtà aziendale specifica, delle sue esigenze e degli obiettivi futuri, del suo organigramma e, soprattutto, delle caratteristiche della forza lavoro.

Niente panico! Ci sono delle buone pratiche che possiamo condividere per dare vita a un progetto efficace di career pathing.

1. Innanzitutto è fondamentale pensare al piano di carriera come a uno strumento sempre in divenire, di pari passo con le evoluzioni di business e del personale. Deve essere infatti una proiezione fedele della realtà aziendale, e per questo motivo deve essere periodicamente rivisto. Partendo da questo presupposto, la strada è tutta in discesa!

2. Il piano di carriera va pensato e strutturato in base alla storia dell’azienda, alle competenze interne che può vantare, alla tipologia di professionisti che la compongono. Una mappatura delle caratteristiche aziendali è il secondo punto su cui è necessario lavorare.

3. Quali sono gli obiettivi aziendali nel lungo periodo? Dare risposta a questo quesito è necessario per capire anche come l’evoluzione del personale potrà e dovrà accompagnare la crescita di business.

4. Non dimentichiamo mai la centralità delle persone, quindi accanto agli obiettivi commerciali e aziendali chiariamo anche quali sono gli obiettivi collettivi e singoli del personale, oltre a quelli dei nuovi collaboratori che si aggiungono all’organico. Per farlo, le interviste sono uno strumento molto valido, che aiuta a far emergere punti davvero interessanti presso i propri collaboratori.

5. Più spazio viene dato all’individualità, più il piano di carriera potrà essere davvero efficace. Ecco perché suggeriamo di fare un approfondimento dedicato per ciascun collaboratore: scoprirne la visione futura, le esigenze pratiche (anche legate alla sua sfera privata), le ambizioni, i desideri e le passioni è fondamentale per capire davvero come poter dare loro modo di esprimersi totalmente e portare ancora più valore in azienda.

6. Per dare pieno senso al piano di carriera, è fondamentale prestare attenzione anche alla mappatura delle competenze. Esistono software dedicati per il suo sviluppo, vista la complessità di mappare tutte le skill interne e individuare le lacune che è necessario colmare per avanzare verso la crescita desiderata. Il fine ultimo deve essere quello di far incontrare le necessità aziendali e le aspirazioni dei collaboratori, trovando già nel personale la risposta ad un’esigenza di crescita.

7. Infine, è bene ricordare di prendere in considerazione anche soluzioni alternative ai comuni percorsi di carriera. Se si pensa a un avanzamento, lo si concepisce comunemente come un aumento di livello e quindi in senso verticale. Per alcune persone questa potrebbe essere la risposta corretta, ma va ricordato di tenere sempre a mente gli obiettivi personali e valutare quindi anche le crescite orizzontali all’interno dell’azienda, ad esempio con spostamenti di reparto a parità di ruolo e responsabilità. Questo permette di sfruttare appieno le risorse interne senza cercare sempre all’esterno una ricchezza che c’è già.

Ora che hai più chiaro cosa sia il piano di carriera, ti piacerebbe lavorare in un contesto orientato alla sua applicazione?

Se vuoi valutare delle nuove opportunità lavorative, inizia con noi! Selezioniamo ogni giorno nuovi profili professionali in diversi settori. Guarda subito gli annunci di lavoro disponibili sul nostro sito oppure invia qui il tuo CV per essere sempre aggiornato sulle nuove posizioni aperte.

 

17 Marzo 2023
capacita-e-competenze-relazionali-quali-inserire-nel-cv
Capacità e competenze relazionali: quali inserire nel CV?

Avere alte competenze tecniche e settoriali non è l’unico requisito richiesto nel mondo del lavoro: a fare la differenza sei proprio tu.

Nella nostra attività sappiamo quanta importanza abbia selezionare prima la persona del professionista, e quanto sia altrettanto fondamentale mettere ben in evidenza le proprie capacità umane e relazionali nel Curriculum Vitae. In molti commettono l’errore di non inserire questo genere di informazioni, ritenendole poco adatte a un CV, ma se tu stai leggendo questo articolo hai già iniziato con il piede giusto!

Eccoci pronti a darti il nostro supporto. Abbiamo selezionato per te le 4 competenze relazionali che non possono mancare nel tuo Curriculum.

 

Competenza relazionale #1: la comunicazione efficace

 

Iniziamo da quella che probabilmente è una delle competenze relazionali più complesse, ma che, se fa parte già del tuo bagaglio personale, puoi davvero giocarti come asso vincente.

A parlare sono capaci tutti, eppure in quanti sono in grado di farlo in modo chiaro, conciso ed efficace? Questo è l’obiettivo ultimo da raggiungere, composto da una folta moltitudine di passaggi intermedi in cui ti puoi già riconoscere.

  • Padronanza lessicale e grammaticale. Una banalità, se ci pensi, ma – puoi crederci – non lo è affatto. Queste capacità sono sempre meno scontate e sono la prima cosa che un recruiter attento osserva nel tuo modo di comunicare.
  • Comunicazione non verbale. Le parole sono importanti, anche quelle che vengono espresse senza alcun suono, ma solo con il tuo corpo e i tuoi movimenti. Saperle controllare e usare coscientemente è una capacità non comune e molto apprezzata.
  • Sintesi. Non c’è efficacia senza sintesi (e gli addetti alla selezione lo sanno bene!). Meno parole e più valore, questa è la formula vincente per contribuire a una comunicazione davvero efficace.

Se puoi dire di avere queste capacità, è davvero importante che tu le renda note nel tuo CV, perché sono fondamentali nella vita lavorativa di tutti i giorni (per alcune figure professionali in particolar modo, ma vengono apprezzate davvero in tutti i ruoli e a tutti i livelli aziendali).

Prova a pensarci: includere nell’organico una persona in grado di esprimersi correttamente e in modo imparziale è garanzia di minori problemi interni tra dipendenti – addirittura può essere considerata uno strumento per ridurre i contrasti – e al contempo anche una sicurezza nello sviluppo di rapporti forti e duraturi con i clienti.

 

Competenza relazionale #2: l’empatia

 

Questa capacità non poteva mancare. Citata sempre di più in diversi contesti, risulta essere fondamentale in campo lavorativo perché strettamente legata all’ambito relazionale, interno ed esterno all’azienda.

La parola “empatia” significa “sentire dentro”, quindi essere in grado di entrare profondamente in contatto con chi ci sta di fronte, capendone le intenzioni e lo stato d’animo. Annullati quindi giudizi, preconcetti e antipatie, a favore invece di un’apertura verso gli altri e una grande disposizione verso la comprensione. In questo modo si creano relazioni trasparenti e positive tra persone (che siano colleghi o clienti), un tesoro davvero prezioso in azienda.

Se tieni in considerazione che non è per niente facile trovare persone che posseggano queste caratteristiche, importantissime però in un contesto plurale come quello professionale e aziendale, capisci quanto valore possa avere nella tua candidatura. Tutti i datori di lavoro vorrebbero persone così nel proprio organico, quindi se puoi giocarti questa carta in completa onestà non perdere l’occasione di metterla in risalto!

 

Competenza relazionale #3: l’intelligenza emotiva

 

La prima volta che si parlò di “intelligenza emotiva” fu nel 1995 grazie a David Goleman, psicologo statunitense. Coniò questo termine per descrivere la capacità di riconoscere, comprendere e gestire non solo le proprie emozioni, ma anche quelle degli altri. Già da questo puoi capire quanto potere possa avere questa particolare competenza relazionale.

Questa capacità si esprime su due livelli:

  • la comprensione di te stesso. Avere padronanza del tuo comportamento emotivo, riconoscendo i tuoi punti deboli e le circostanze che possono urtare la tua sensibilità, in modo da poterle gestire nel modo più corretto;
  • la comprensione dell’altro. Non solo capendo ciò che esprime a parole, ma cercando una connessione più profonda, che prende in considerazione emotività, cause interne ed esterne.

Se sei in grado di immedesimarti negli altri e di dare valore al loro punto di vista, questa è senz’altro un’abilità che puoi mettere in risalto nel tuo Curriculum e che i selezionatori sapranno apprezzare. Quanto possa essere importante in un contesto aziendale – ma anche con i clienti stessi – lo puoi ben capire!

 

Competenza relazionale #4: l’ascolto attivo

 

Non c’è comprensione senza ascolto, ecco perché l’ultima competenza che vogliamo sottolineare da inserire nel tuo CV è proprio l’ascolto attivo.

Si tratta di un’azione consapevole e attenta ai bisogni di chi ti sta di fronte, un’intenzione che ti impegna a recepire dall’altro sia le sue comunicazioni esplicite che quelle implicite. È proprio la sua caratteristica “attiva” che ti rende protagonista in questa azione e che rende questa competenza relazionale particolarmente attrattiva per i datori di lavoro e i recruiter.

Se ci rifletti, le relazioni partono proprio da un’apertura reciproca: se da una parte c’è volontà di aprirsi, dall’altra deve necessariamente esserci disponibilità all’ascolto, ma non sempre è così. Anche in un contesto di lavoro, quindi, se sei ben disposto non solo ad ascoltare ma anche ad accogliere le idee e comprendere le posizioni del tuo interlocutore, sarai in grado di instaurare relazioni di fiducia e fedeltà, fondamentali per raggiungere obiettivi commerciali e relazionali.

 

Quali di queste competenze relazionali puoi inserire a pieno titolo nel tuo Curriculum Vitae?

Ricorda di non farne semplicemente un elenco: perché il loro valore sia pienamente colto dal recruiter, inseriscile nel contesto lavorativo in cui hai avuto modo di metterle in pratica. Puoi inserirle nell’area dedicata alle competenze personali o professionali, integrandole nella descrizione della tua abilità o raccontando come hai potuto sfruttare queste competenze in un determinato ruolo professionale. In ogni caso, ricorda sempre di fare un’attenta selezione, inserendo solo le caratteristiche richieste o prioritarie nella posizione per cui ti stai candidando.

Se stai cercando una nuova opportunità, guarda subito tra gli annunci di lavoro disponibili se c’è quella che fa per te, oppure invia qui il tuo CV per essere sempre aggiornato sulle nuove posizioni aperte che ti interessano.

 

10 Marzo 2023
secondo-colloquio-di-lavoro-consigli-per-affrontarlo-meglio
Secondo colloquio di lavoro: 4 consigli per affrontarlo al meglio

Lo diciamo sempre e lo sai certamente anche tu: il modo migliore per presentarsi ad un colloquio è prepararsi adeguatamente. Ma se per il primo colloquio conoscitivo puoi facilmente trovare consigli e buone pratiche, non è lo stesso per le fasi successive.

Nella nostra attività ci occupiamo spesso di colloqui di lavoro e conosciamo bene anche i dubbi e le paure di chi si appresta ad affrontare il secondo colloquio di lavoro. Cosa devi aspettarti? Cosa ti domanderanno? Come dovresti prepararti per avvicinarti sempre di più a quella posizione cui ambisci tanto?

Eccoci qui per aiutarti a sciogliere ogni dubbio con 4 consigli davvero utili per passare a pieni voti questa fase della selezione.

 

1) Approfondisci lo svolgimento del secondo colloquio di lavoro

 

Se sei stato convocato per un secondo colloquio significa prima di tutto che il tuo profilo è interessante per l’azienda e, non di meno, che avete già avuto un primo contatto positivo. Ora si tratta di andare oltre le presentazioni. In questa seconda fase, infatti, il recruiter ha l’obiettivo di approfondire alcuni aspetti fondamentali per la posizione offerta e proprio su questo verterà l’incontro.

Da una parte potresti prevedere quali potrebbero essere questi punti, ma dall’altra sappi che non c’è nulla di male nel chiedere delucidazioni prima di presentarti all’incontro. Proprio questo è ciò che fa la differenza: se conosci come si svolgerà l’incontro e quali sono gli aspetti che verranno toccati, ti sarà possibile presentare della documentazione a supporto e offrire al selezionatore del materiale utile per il suo lavoro. Questa intraprendenza – puoi fidarti – sarà certamente apprezzata!

Un’ultima cosa: non dimenticare di chiedere con chi avrai il piacere di parlare durante il colloquio. Se conosci i nomi di chi sarà presente, puoi prima informarti sulla loro posizione ricoperta in azienda e sapere quindi meglio come rapportarti e quali domande fare (e non).

 

2) Fatti conoscere

 

Lo abbiamo detto: il secondo colloquio ha come obiettivo quello di approfondire la tua conoscenza professionale, quindi sii generoso nella condivisione di informazioni che ti riguardano come professionista!

Cosa si aspettano da te? Sicuramente di sapere meglio cosa potresti dare all’azienda, quali sono le tue caratteristiche professionali e personali, qual è il tuo temperamento sul posto di lavoro e come potresti inserirti nel contesto lavorativo esistente. Tutte informazioni fondamentali per scegliere la persona giusta per la posizione giusta.

Quindi raccontati nelle tue precedenti esperienze lavorative, condividi aneddoti e fai esempi di come hai affrontato difficoltà, richieste da parte dei superiori, progetti con i colleghi. Tutte queste informazioni aiuteranno chi ti sta di fronte ad avere una visione più completa di te e delle tue potenzialità, oltre a darti la possibilità di mettere in luce ciò che ritieni importante per la posizione che dovresti rivestire nella nuova azienda.

 

3) Preparati a svolgere dei test nel secondo colloquio di lavoro

 

Alcune aziende colgono questa occasione anche per mettere alla prova i candidati direttamente sul campo. Potrebbe trattarsi di brevi esercitazioni o compiti pratici, capaci di dimostrare come approcceresti la richiesta e dare un assaggio del risultato che puoi portare.

Questo momento è di solito quello che crea più apprensione nel candidato, ma non devi temere! Prendila come un’ulteriore occasione per mostrare le tue capacità, raccontare il tuo modo di rapportarti al lavoro, dare un’anticipazione del tuo apporto finale.

Se non ti viene detto esplicitamente se ci saranno delle prove da sostenere durante il colloquio, quando ti contattano per fissare l’incontro non dimenticare di chiederne la durata: con un appuntamento di un’ora o superiore puoi aspettarti che ti venga proposto un test, altrimenti puoi stare tranquillo e prepararti per un colloquio frontale più classico.

A proposito di preparazione, purtroppo non c’è un modo univoco per renderti pronto al secondo colloquio, ma puoi tenere conto di queste variabili: le problematiche cui va incontro il profilo per il quale ti candidi, le conoscenze tecniche che sei tenuto a conoscere, le nuove sfide dell’azienda, l’organigramma aziendale. Pensa bene se ci sono degli aspetti che potresti approfondire o ripassare in vista dell’incontro, ma ricorda che non c’è niente di meglio della sincerità delle tue risposte per approcciarti al nuovo lavoro con la certezza di avere le carte in regola per svolgere il nuovo lavoro e vivere con serenità tutto ciò che ti attende.

 

4) Preparati a porre delle domande

 

In una fase avanzata del processo di selezione, quale il secondo colloquio di lavoro, le distanze tra te e il recruiter si riducono e ci si potrebbe aspettare che anche tu abbia delle domande da fare a proposito della posizione.

Prova a pensarci: se fossi davvero interessato ad ottenere il lavoro, ti saresti senz’altro immaginato all’interno dell’azienda e nel ruolo per il quale ti candidi. Questo è esattamente quello che si aspetta il tuo selezionatore ed è per te l’occasione per dimostrati ancora una volta già proiettato verso un futuro in azienda.

Ma quali domande dovresti porre? Sicuramente, se conosci le persone con cui ti confronterai, sarà più facile individuare dei quesiti specifici da rivolgere loro. Se non hai questa informazione, il nostro suggerimento è riflettere sui seguenti punti per identificarne alcune:

  • il lavoro. Orari, mansioni, responsabilità, ma anche retribuzione e benefit riconosciuti;
  • l’ambiente in cui lavorerai. Team di lavoro, collaboratori e referenti, gestione delle pause e momenti di condivisione;
  • il tuo futuro in azienda. Obiettivi da raggiungere, possibilità di crescita, formazione continua.

Segui questi consigli e preparati per un nuovo inizio!

Sei alla ricerca di opportunità lavorative e vuoi valutare nuove proposte? Guarda subito tra gli annunci di lavoro già disponibili se c’è quello che fa per te, oppure invia qui il tuo CV per essere sempre aggiornato sulle nuove posizioni aperte di tuo interesse.

 

3 Marzo 2023
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